Totò visto da:   Mario Castellani


Il mio primo incontro con Totò avvenne a Milano nel 1927, quando facevo il comico brillante in una delle due compagnie di rivista organizzate dall'impresario Achille Maresca, che aveva messo in scena due spettacoli, Madama Follia e Mille e una donna.

Totò faceva allora il varietà ed era già molto popolare.

 

Maresca lo scritturò per sostituire Eugenio Testa, che si era ammalato. Il suo debutto avvenne a Padova, in Madama Follia, che aveva come soubrette la favolosa Isa Bluette.

 

Ma non fu un successo, almeno all'inizio. Ci fu anzi un momento in cui tutti stringemmo i denti, prevedendo un disastro.

La verità è che Totò non era pratico di recitazione. D'altro canto, il pubblico delle riviste non era abituato a vedere sulla scena certi dinoccolamenti che erano il pezzo forte di Totò attore e mimo del varietà. Insomma, i primi " numeri " passarono in un silenzio agghiacciante.

Ma poi venne un pezzo musicale in cui Totò faceva la parte di un gelataio, e qui, come se lo avesse morso la tarantola, si scatenò adattando al ritmo dell'orchestra i suoi famosi passi da marionetta. Fu un trionfo.


Il pubblico, dapprima sconcertato per la novità, si lasciò trascinare da quella irresistibile pantomima e alla fine manifestò la sua approvazione con un applauso delirante.

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Totò, che aveva affrontato il debutto con una tremarella che, non cercava nemmeno di nascondere, rientrò in camerino tutto sudato per la gran fatica, pallido, mormorando coloratissimi scongiuri nel suo dialetto partenopeo. "Che dite, eh? ", disse lasciandosi cadere su una .sedia. " Ce l'ho fatta? ".

Una breve pausa; , poi, come ricordandosi all'improvviso di una cosa della massima importanza, aggiunse: "L'orchestra è stata bravissima nell'assecondarmi.

Quei ragazzi meritano un premio. Pago champagne a tutti, bisogna pur festeggiare la mia vittoria, no?" Totò fece il suo ingresso nel grande teatro di rivista grazie esclusivamente al fiuto di Achille Maresca, come ho già accennato.

 

 

Il passo successivo glielo fece fare l'impresario napoletano Eugenio , Aulicino il quale nel 1941, in società con Epifani, formò una compagnia di rivista con Totò, il sottoscritto, Anna Magnani e otto subrettine. Con questa compagnia debuttammo al Teatro Quattro.

Fontane di Roma in Quando meno te lo aspetti di Michele Galdieri, cui seguì l'anno dopo Volumineide.

La vera "favola" di Totò cominciò appunto con queste riviste, che secondo me rimangono le cose più belle che egli ha fatto. Totò era un istintivo, un improvvisatore nato.

 

 

 

Totò a coloriIl copione, per lui, doveva rappresentare appena una traccia, un punto di partenza e basta. In rivista, dove io facevo il direttore artistico, lui veniva, e piuttosto svogliato, solo i primi giorni di prova, poi scompariva dalla circolazione ed era inutile cercarlo.

Si rifaceva vivo quando si stava per andare in scena e allora in quattro e quattrotto si aggiornava su quello che doveva fare.

Ma la verità è che le cose migliori gli venivano spontanee di farle solo sul palcoscenico, sotto la spinta del pubblico.

Insomma, quella di Totò era una forma di comicità tutta speciale, assolutamente unica nel suo genere e perciò irripetibile. In genere, lui lavorava di contropiede, afferrando di rimbalzo battute e situazioni che gli venivano offerte dalla sua " spalla ". Se il gioco attaccava, allora si scatenava sull'onda del consenso del pubblico ed infilava tutta una serie di invenzioni di cui sul copione non c'era il benché minimo accenno.

Uno dei suoi sketch più famosi è quello del vagone-letto, che ha fatto sbellicare dalle risate le platee di tutta Italia. Ebbene, nella rivista di Galdieri in cui era inserito, era accennata soltanto la situazione: due uomini nella cabina e una donna che chiede ospitalità per la notte.

La prima volta che lo facemmo, questo sketch durava una decina di minuti; le ultime volte siamo arrivati a tenerlo in piedi quasi un'ora, col pubblico che ci seguiva col fiato sospeso.

In seguito al rinnovato interesse per la figura e per l'arte di Totò, spesso mi capita di sentirmi chiedere il testo di questo e di i altri sketch diventati ormai leggendari.

Ma i testi non ci sono. Non ci sono mai stati. Ecco perché l'arte, la vera arte di Totò è scomparsa con lui e i giovani che non hanno avuto la fortuna di vederlo sul palcoscenico non possono ritrovarlo come è stato veramente guardando i suoi film. Totò non è Chaplin o Buster Keaton, fenomeni tipicamente cinematografici. Totò è il teatro. Il cinema, nel migliore del casi, lo ha dimezzato. Nel peggiore, che era poi la norma, lo ha puramente e semplicemente tradito.

 

 

L'imperatore di CapriTutti approfittavano di Totò, tanto più che lui per i soldi smarriva l'uso della ragione. Firmava tutto quello che gli dicevano di firmare, sicché poi si trovava regolarmente invischiato in un garbuglio di impegni che non poteva mantenere. Il risultato era che una parte dei suoi guadagni se ne andava poi per pagare le penali che gli venivano inflitte.

Per anni, un impresario che gli aveva fatto firmare un'opzione incassò fior di percentuali senza muovere un dito.

Quando cominciò la sua grande stagione cinematografica, gli accadde di firmare un impegno con la Lux per il film L'Imperatore di Capri.

La lavorazione era prevista in cinquanta giorni, e il compenso forfettario in sei milioni. Carlo Ponti, che era allora il direttore esecutivo della casa cinematografica, lo mandò a chiamare egli fece la proposta di allungare il contratto a sessanta giorni e di girare due film invece di uno.

Naturalmente, il compenso sarebbe stato maggiorato: dieci milioni. Totò accettò subito. Inutilmente io cercai di attirare la sua attenzione con gesti disperati, per suggerirgli di non firmare. Lui non mi diede retta, e così si impegnò anche per il secondo film, Totò cerca casa.

 

 

 

 

Quando uscimmo dallo studio di Ponti, Totò mi disse: " Cosa significavano tutti quei tuoi gesti? ". " Volevo farti capire ", risposi " che non ti conveniva accettare ". " E perché ", si meravigliò Totò. " Ma perché hai fatto un cattivo affare ", replicai. "

Dieci milioni per sessanta giorni di lavoro ti pare un cattivo affare? Ma dove ce l'hai la testa? ", mi aggredì. Rinunciai alla discussione, perché mi resi conto che Totò non avrebbe mai capito il mio punto di vista. Per me, i dieci milioni li avrebbe dovuti pretendere solo per il secondo film da girare con calma, in seguito. L'affare, infatti, lo fece Ponti, il quale da Totò cerca casa ricavò un guadagno di 150 milioni, cifra che gli servì per fondare la Ponti-De Laurentiis.

Totò era convinto che della sua arte non sarebbe rimasto niente, perché è questo il destino degli attori, e ritenne inutile affaticarsi per smentire il suo fondamentale pessimismo. Del resto, lo interessava solo il teatro vero, quello che lui inventava sera per sera davanti al suo pubblico: nel cinema e nella televisione vedeva unicamente delle macchine per far soldi, per pagarsi i suoi vizi e la sua dorata tristezza di principe venuto al mondo in un secolo sbagliato.

I film di Mario Castellani con Totò: Totò contro i quattro, Questa è la vita, Il più comico spettacolo del mondo, Una di quelle, Guardie e ladri, Totò al giro d'Italia, Totò Peppino e la malafemmina, Un turco napoletano, Totò a colori, Totò e Cleopatra, Totò sceicco, I pompieri di Viggiù, L'imperatore di Capri, Che fine ha fatto Totò baby?, Totò contro il pirata nero, 47 morto che parla, Figaro qua figaro la, Totò cerca casa, Le sei mogli di Barbablù, Noi duri, L'uomo la bestia e la virtù, Totò Peppino e la dolce vita, I tre ladri, Sette ore di guai, Totò diabolicus, Totò Peppino e i fuorilegge, Il ratto delle sabine, Fifa e arena, Totò le Mokò, Totò cerca moglie, Totò e i re di Roma, Totò terzo uomo, Totò Tarzan, Totò e le donne, Dov'è la libertà, Totò e Carolina, Il medico dei pazzi, Totò cerca pace, Tempi nostri, Totò all'inferno, La cambiale, Chi si ferma è perduto, Letto a tre piazze, I due marescialli, Totò truffa 62, Lo smemorato di Collegno, Totò di notte n.1, Il comandante, Il monaco di Monza, Totò sexy, Le motorizzate, Totò d'Arabia, Gli amanti latini.

 

 

 

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