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Film in B/N durata 89 min. - Incasso lire 415.000.000 (valore attuale € 7.747.983,88) Spettatori 2.132.384 Video-clip 35 sec. "Lo smemorato di Collegno" 1962 di Sergio Corbucci. Soggetto e sceneggiatura Bruno Corbucci e Giovanni Grimaldi; Produttore Gianni Buffardi per Buffardi Cinematografica Euro International Film, Direttore della fotografia Enzo Barboni, Musiche Piero Piccioni, Montaggio Giuliana Attenni, Sceneggiatore Giorgio Giovannini, Direttore di produzione Renato Angiolini, Aiuto regista Franco Rossellini e Mario Castellani, Fonico Giulio Tagliacozzo. Interpreti: Totò (lo smemorato), Yvonne Sanson (Linda Ballarini), Nino Taranto (lo psichiatra), Erminio Macario (un matto), Riccardo Billi (un testimone), Andrea Checchi (Rossetti), Mario Castellani (Giorgio Ballarini), Aroldo Tieri (l'avvocato), Elvy Lissiak (signora Polacic), Mario Pisu (Dell'Orso), Gisella Sofio (una giornalista), Pietro Carloni (Francesco Ballarini), Franco Volpi (pubblico ministero), Enrico Viarisio (il ministro), Franco Giacobini (un giornalista), Gianni Rizzo (il ragioniere), Franco Ressel (un agente pubblicitario), Antonio Acqua (presidente del tribunale), Mimmo Poli (un matto), Lina Alberti (una presunta moglie dello smemorato), Consalvo Dell'Arti (il maggiordomo). Trama: Alla clinica neurologica viene ricoverato un uomo, che soffrendo di amnesia, si era arrampicato sul monumento equestre in piazza per attirare l'attenzione della sua situazione. La moglie dell'industriale Ballarini, vista una sua foto sul giornale, riconosce nell'uomo il suo primo marito disperso in Russia, contro la volontà di tutti i parenti lo prende in casa. Ma anche la signora Polacic riconosce in lui il marito che l'aveva lasciata molti anni prima. Nel frattempo viene riconosciuto come il ladro Lobianco e processato. Durante il processo si scopre che non può essere né il marito della Ballarini che l'aveva finalmente riconosciuto per carpire i soldi del defunto ai parenti di lui, né il ladro che si trova in prigione. Forse è il marito della signora Polacic, ma appena finito il processo, anche lei gli rivela di averlo riconosciuto, perchè pagata dai parenti dei fratelli Ballarini. Rimasto di nuovo solo, senza sapere qual'è la sua vera identità, l'uomo se ne va con la compagnia di un cane. |
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Critica: "Lo smemorato di
Collegno", nato come film di intrattenimento puro e semplice
finì quindi per essere una pellicola impegnata nel sociale e
nella politica. Sergio Corbucci, che è un regista attento e di gusto è riuscito
ad evitare che il film degenerasse, anche nei momenti in cui
Totò è, come sempre un comico lepidissimo, che ha trovato una
spalla piena d'umore in Nino Taranto. Vittorio Ricciuti, Il
Mattino, Napoli 20 settembre 1962.
Girato nel giugno del '62 il film si ispira ad un fatto
realmente accaduto: il famoso caso di Bruneri e Canella, il cui
processo aveva come protagonista un reduce della prima guerra
mondiale che aveva completamente perso la memoria, e venne
celebrato a Pollenza nel 1927. Nel film Totò ritrova Macario e
vecchi amici con i quali non lavorava da parecchio tempo.
Da un articolo senza firma su La Notte: " [..] Si tratta di una
delle solite farse all'italiana dove Totò [..] si prodiga sul
suo solito metro [..] ".
Il film si ispira
liberamente al famoso caso di Bruneri e Canella, il cui
processo, centrato su un reduce della prima guerra mondiale che
aveva perso completamente la memoria, venne celebrato a Pollenza
nel 1927. Qui lo smemorato è un reduce della campagna di Russia
del 1941, che fa ritorno dopo circa vent'anni in Italia.
Il chiaro precedente del film è "Letto a tre
piazze", con Aroldo Tieri che interpreta praticamente lo
stesso ruolo, anche se lo sviluppo narrativo, lo stile, la
recitazione e il genere sono completamente diversi. Là c'era una
evidente farsa, che degenerava in barzelletta sceneggiata, qui
un'attenta analisi sviluppata in chiave realistica, anche se con
frequenti incursioni nell'ambito della commedia e persino della
farsa, come le sequenze all'interno del manicomio e in alcuni
duetti con Nino Taranto e Macario. L'atmosfera generale del
film, con Totò imputato in un processo, la cui vicenda viene
ricostruita con continui flash-back, richiama non solo la
struttura narrativa di "Dov'è la libertà?",
ma anche la stessa recitazione di de Curtis, intensamente
drammatica e insieme ironica nei confronti del "mondo esterno",
impermeabile a qualunque vero sentimento, con tutti i personaggi
che sono pronti a corrompere e a rovinare il prossimo pur di
raggiungere il loro tornaconto.
Le sequenze del manicomio e i duetti con Nino Taranto e Aroldo
Tieri richiamano con evidenza alcuni passaggi di "Totò,
Peppino e le fanatiche", del quale viene addirittura
plagiata la scena della telefonata con la "contessa".
Il personaggio interpretato da Totò appartiene al genere triste,
come quello di "Dov'è la libertà?" e
persino di "Yvonne la nuit",
tratteggiato con una recitazione severa e attenta ai dettagli
realistici. Accanto a tale personaggio c'è però anche quello del
pazzo in manicomio, che si traveste da suoro, gioca con Macario
e tiene testa al primario con una recitazione centrata
sull'effetto comico, sui giochi di parole e le innumerevoli gags
del noto repertorio.
È una tendenza di
Sergio Corbucci
quella di sfruttare nello stesso film, come ero già avvenuto, i
due registri recitativi di de Curtis, entrambi grandissimi,
ossia quello della schietta comicità e quello del realismo
drammatico; pertanto, il film, anche se curato sul piano della
sceneggiatura e della regia, risulta diviso in due e Totò recita
con la spalla (Nino Taranto e Macario)
solo nelle scene comiche, altrimenti è solo.
Nel finale Totò, abbandonato da tutti, si incammina col cane
sullo sfondo, richiamando altri finali tristissimi, come "Yvonne
la nuit", "Guardie e ladri", "Una
di quelle", "Totò e Carolina" e "Siamo
uomini o caporali?".
La chiusura sfonda invece nel surreale, con Totò che raggiunge
il famoso balcone di piazza Venezia e si mette ad arringare una
folla che non esiste ("popolo di vigili urbani"), così come è
surreale e pochadistica la scena con Tieri sotto il letto.
Si ritrovano alcuni giochi linguistici, di cui alcuni anche volgari, come scorci e parli, che viene inteso come scorci le palle (rarissimo e forse unico caso di aperta volgarità verbale detta da de Curtis in tutta la sua carriera). Altri calembours sono Walter per water e l'esilarante tomo tomo... cacchio cacchio ripetuto sei volte. Tratto da "Totò principe clown" di Ennio Bìspuri per gentile concessione |
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