Totò, Peppino e i fuorilegge
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Film in B/N durata 98 min. - Incasso lire 452.500.000 (valore attuale € 11.105.371,90) Spettatori 3.030.000 Video-clip 33 sec. Totò, Peppino e i fuorilegge" 1956 di Camillo Mastrocinque. Soggetto Vittorio Metz, Sceneggiatura Edoardo Anton, Mario Amendola, Ruggero Maccari. Produttore Isidoro Broggi e Renato Libassi per D.D.L., Direttore della Fotografia Mario Albertelli, Musiche Alessandro Cicognini, Montaggio Gisa Radicchi Levi, Sceneggiatore Alberto Boccianti, Direttore di Produzione Romolo Laurenti, Aiuto Regista Michele Lupo, Fonico Piero Ortolani. Interpreti: Totò (Antonio), Peppino De Filippo (Peppino), Titina De Filippo (Teresa), Dorian Gray (loro figlia), Franco Interlenghi (Alberto), Memmo Carotenuto (Ignazio), Mario Castellani (un bandito), Lamberto Maggiorani (un bandito), Teddy Reno (se stesso), Maria Pia Casilio (la serva), Mimmo Poli (il cuoco). Trama: Con la complicità di Peppino, Totò si finge rapito ed ottiene dalla moglie un riscatto di cinque milioni, ma la verità viene a galla quando i due vengono visti in televisione pasteggiare e bere champagne in un night club. Tornato a casa viene veramente rapito da Ignazio "il torchio" ma non viene creduto da nessuno. Sua figlia Valeria e Alberto sulle tracce di Ignazio liberano Totò, promettendo al bandito un'intervista che gli darà la celebrità. I due giovani si sposano e Totò cacciato di casa finisce col fare il garzone nella bottega dell'amico Peppino. |
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Critica: Questo film fu girato sulla scia del grandissimo successo di Totò, Peppino e la malafemmina, che incassò una cifra astronomica. Il cast è quasi identico ed in fondo la trama è abbastanza simile, con i due nostri eroi che sbarcano in una grande città e che si danno alla pazza gioia. Peppino De Filippo con la sua interpretazione vinse il Nastro d'argento come miglior attore non protagonista nel 1957.
La farsetta recitata con spontaneità e immediatezza da Peppino De Filippo e da Totò, è priva delle grossolanità licenziose che spesso volgarizzano questo genere di film, scorre senza cigolii fino alla fine. Arturo Lanocita,"Corriere della Sera", Milano, 6 gennaio 1957.
Che cosa potrebbero fare insieme Totò e Peppino se un produttore intelligente spendesse qualche milione in più per la stesura di una sceneggiatura scritta col cervello invece che coi piedi? Comunque, un duetto tra Totò e Peppino vale sempre la spesa del biglietto. Morando Morandini, "La Notte", Milano, 7 gennaio 1957.
Interpretato da Totò dopo la grave operazione agli occhi che lo aveva costretto alla semicecità, è un'evidente "replica" del precedente "Totò, Peppino e la malafemmina", di cui ha tutti gli ingredienti narrativi, con Dorian Gray, Teddy Reno, Mario Castellani tra gli attori di contorno, mentre per la seconda ed ultima volta, dopo "San Giovanni decollato" (1940), Titina De Filippo interpreterà, sempre con impareggiabile bravura, il ruolo della moglie di Totò. Una sorta di "Totò, Peppino e la malafemmina parte seconda"; un classico esempio di produzione in serie di alcuni film di Totò, per raddoppiare gli incassi senza aggravio di spesa.
Il film presenta una evidente divisione in due parti, di cui la prima è giocata in modo garbato sulla satira di costume, con voluta insistenza intorno al rapporto moglie-marito, secondo i consueti stilemi della commedia e del teatro vernacolo; la seconda, per effetto di Metz, sfonda la barriera dell'elementare realismo per approdare alla barzelletta sceneggiata, senza alcun appiglio logico e una pur minima plausibilità. Tutto risulta assolutamente stupido e banale, con il giochetto delle carte truccate, l'insistenza a far mangiare Totò ridiventato bambino, l'intervista al bandito ecc. Insomma per gustare il film bisogna dimenticare che c'è un film.
Totò appare straordinario soprattutto nei duetti con Titina De Filippo, che gli offre validamente il fianco per portare alla luce tutta la sua consumata vis comica, mentre nei duetti con Peppino si riproduce e si accentua ulteriormente l'effetto clownesco, già presente ne "La banda degli onesti", in "Una di quelle" e in "Totò, Peppino e la malafemmina" e la maschera si rafforza nel suo dualismo realistico-surreale, che lo riporta evidentemente al clima del teatro di rivista. Totò clown Augusto e Peppino clown bianco si esibiscono in modo garbatissimo abbandonandosi alle solite gags da circo, con Totò che spezza due pettini, che rovescia una bacinella, pesta ripetutamente la mano a Peppino, gli rovescia la sedia, lo sporca, lo urta col cilindro, gli mette in mano un fiammifero acceso, mentre nella scena del telefono, quando i due parlano a se stessi avvolgendosi con i fili, si raggiunge l'acme della clownerie. La scena dell'invito a pranzo, con Peppino costretto dai padroni di casa a comprare due chili di salsicce, un fiasco di vino e mezzo chilo di patate è una delle più esilaranti del film e, in assoluto, del genere comico. Ritornano, come sempre, le deformazioni del linguaggio, con caffè per Dante invece di coiffeur pour dames, rospi si scrive con due "p ", ignorante. Rospi è plurale! , idiota per Idioma, Polacchìa per Polonia, Anzio per ansia, Rocco e Rocco per rock 'n roll, hai agito con modi interurbani. Tratto da "Totò principe clown" di Ennio Bìspuri per gentile concessione |
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