Che fine ha fatto Totò Baby?

 

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Film in B/n durata 88 min.  -  Incasso lire 141.000.000  (valore attuale € 2.582.644,63)  Spettatori 770.680   Video-clip 37 sec.

"Che fine ha fatto Totò Baby?" 1964 di Ottavio Alessi. Soggetto e sceneggiatura Bruno Corbucci, Giovanni Grimaldi, Ottavio Alessi; Produttore Alberto Pugliese e Luciano Ercoli per P.C.M. Cinematografica, Direttore della fotografia Sergio D'Offizi, Musiche Roman Vatro [Armando Trovajoli], Montaggio Licia Quaglia, Sceneggiatore Nedo Azzini, Direttore di produzione Antonio Negri, Aiuto regista Albino Cocco, Fonico Enzo Silvestri.

Interpreti: Totò (Totò Baby), Misha Auer (Misha) ,Pietro De Vico (Pietro), Mario Castellani (direttore dell'orfanotrofio), Ivy Holzer (Helga), Edy Biagetti (un'autostoppista), Alicia Brandet (Inge), Alvaro Alvisi (commissario), Stelvio Rosi (un ospite), Peppino De Martino (maresciallo), Renato Montalbano (postino), Gina Mascetti (moglie di Misha), Clara Bindi (moglie di Totò), Franco Ressel (un ufficiale) Piero Morgia (un gelataio), Lina Alberti (una dama di carità).

Trama: I fratelli Totò e Pietro rubano due valigie ma si accorgono che in una di esse c'è un cadavere e decidono di sbarazzarsene. Danno allora un passaggio a due autostoppiste e a loro insaputa scambiano le valigie, ma le ragazze sono corrieri della droga infatti ora i due fratelli si ritrovano con un carico di marijuana. Seguendo le ragazze arrivano al castello del barone Misha, vizioso aristocratico che pianta semi di marijuana nel suo giardino; qui trovano il barone addormentato e credendolo il cadavere che cercavano lo gettano nel fiume.
Dopo una serie di avventure il barone assume i due fratelli come segretari, ma Totò mangia la marijuana dell'orto scambiandola per insalata e, impazzito, uccide tutti.

Film completo: Che fine ha fatto Totò Baby?

Critica: Ci si chiede infine se non sarebbe bello vedere Totò diretto da un sommo regista, Fellini per esempio. Chissà, forse non darebbe niente di più. Forse farebbe peggio, sarebbe come congelato dal genio altrui. Ma varrebbe la pena provare no? Fa cinque film all'anno. Può essere che nessun produttore veda la convenienza commerciale, la novità pubblicitaria, la probabilità artistica dell'abbinamento? Andrà come andrà.

 

Caro Totò in ogni modo, grazie. Grazie di averci tanto divertito. Nella tua carriera, e nell'esattezza del ritmo del tuo piccolo lazzo, c'è qualcosa d'indomito: un'esempio per tutti, una lezione. Anche di questo grazie. Mario Soldati, L'Europeo, Milano 13 settembre 1964.

 

Dopo la prova eccezionale data ne "Il comandante", sembra quasi impossibile che de Curtis abbia potuto accettare un ruolo che non si riesce nemmeno a definire per la sua totale inconsistenza. Con meno di 800.000 spettatori, è il film fanalino di coda tra tutti, con un incasso inferiore all'investimento produttivo; il pubblico non gradiva l'eccesso di un Totò omicida, pazzo furioso e quasi cannibale. Come si era tentato con i due "Totò di notte n.1 " e "Totò sexy" di contaminare la comicità con l'erotismo, così con "Che fine ha fatto Totò Baby?" si tentò di coniugare il genere macabro-orrore con la comicità di Totò che però poteva arrivare fino a un certo humour nero, ma non al macabro scoperto e violento.

 

Il film è una dichiarata parodia di "What ever happened to Baby Jane?" (1963), di Robert Aldrich, uscito in Italia con il titolo "Che fine ha fatto Baby Jane?", del quale riprende alcune situazioni narrative, quali le due sorelle rinchiuse nella casa isolata, le angherie di Jane (Bette Davis), la paralisi della sorella Blanche, l'uccisione della domestica e il finale sulla spiaggia. Mentre tutta la prima parte risulta gustosa, sia per la ricostruzione dell'ambiente che per il tratteggio del personaggio truffaldino cinico e spensierato, lenone e ladro felice con i relativi figli in «carriera», la seconda precipita in un baratro nel quale vanno a depositarsi le scene più mediocri che de Curtis abbia mai recitato, quasi in una sorta di masochistica volontà di cancellarsi.

 

Nonostante i bassi livelli della recitazione di de Curtis non bisogna sottovalutarne le enormi capacità istrioniche, cercando di capire il motivo del rigetto popolare.

 

Come dire che se queste non sono organizzate e incanalate in un contesto minimamente realistico o, comunque, nell'ambito della verosimiglianza del cabaret, dell'avanspettacolo o anche della barzelletta, tutto si sfalda e si riduce in un assurdo che fa evaporare la genialità di Totò.

Pietro De Vico è una spalla debole e la coppia clownesca è troppo sovraesposta per essere comica. Si esagera in tutto, sia nell'aggressività del clown Augusto che nella remissività del bianco. In alcuni momenti ci troviamo di fronte alle "comiche finali" di un film muto, ma senza i supporti che ne determinavano il livello di comicità. Si arriva al frullato di scenette che sono calchi e recuperi, quali quella dello sputo nell'occhio, quella dei "manichini", le mossette; il furto delle valige, ecc.

 

 

Si può comunque condividere la bella pagina di Mario Soldati ("L'Europeo", 14 settembre 1964) che parla di Totò dopo aver visto questo brutto film, mettendo in evidenza l'enorme sua maturità, che non ha più bisogno di una "smaccata e dilatata mimica che richiedeva la partecipazione acrobatica di tutto il suo corpo", ma che è diventata come il virtuosismo dei "grandi footballers sul finire della loro carriera" (...) che praticavano "il gioco da fermo", Tanto più importante e acuta è questa analisi di Soldati, se si pensa che egli rivedeva Totò dopo trent'anni, dall'epoca del varietà.

Tratto da "Totò principe clown" di Ennio Bìspuri per gentile concessione


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