Chi si ferma è perduto

 

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Film in B/N durata 102 min.  -  Incasso lire 283.150.000  (valore attuale € 5.560.433,88)  Spettatori 1.538.000     English version

"Chi si ferma è perduto" 1960 di Sergio Corbucci. Soggetto Mario Guerra, Luciano Martino. Sceneggiatura Bruno Corbucci, Giovanni Grimaldi. Produttore Cineproduzioni Emo Bistolfi Roma, Direttore della fotografia Marco Scarpelli, Musiche Gianni Ferrio, Montaggio Dolores Tamburini, Sceneggiatore Athos Danilo Zanetti, Direttore di produzione Renato Tonini, Aiuto regista Mario Castellani, Fonico Kurt Doubrawsky.

Interpreti: Totò (Antonio Guardialavecchia), Peppino De Filippo (Peppino Colabona), Alberto Lionello (il maestro), Aroldo Tieri (l'ispettore), Jacqueline Pierreux (moglie di Peppino), Luigi Pavese (il direttore Santoro), Mario Castellani (Amilcare), Anna Campori (moglie di Antonio), Alberto Talegalli (signore che protesta), Pietro De Vico (un cameriere), Luigi De Filippo (Cavalli), Lia Zoppelli (Giulia), Renzo Palmer (Cavicchioni), Peppino De Martino (l'antiquario), Enzo Petito (Napoleone), Rita Cuttica (la sposina), Vittorio Vaser (Proietti), Solveig D'Assunta (Assunta), Nando Angelini (lo sposino), Gino Scotti (lo iettatore), Marisa Traversi (Adua).

Trama: I due impiegati Antonio e Peppino lavorano da anni nella stessa ditta senza riuscire a fare carriera osteggiati dal perfido capo ufficio Santoro. Un giorno questi muore all'improvviso e la speranza rinasce in loro, ma nello stesso tempo l'ansia per ottenere la promozione dall'ispettore che viene da Roma, li rende nemici. Ognuno per proprio conto fa l'impossibile per accattivarsi le simpatie dell'ispettore che non è quello mandato da Roma ma un suo omonimo. I colpi di scena e gli equivoci si moltiplicano fino al colpo di scena finale: i due amici vengono mandati in Sardegna ed il posto viene assegnato al loro collega più giovane.

 

 

Film completo: Chi si ferma è perduto

Critica: Gli sceneggiatori per questo film pare abbiano scritto sei diversi copioni prima che Totò si sentisse soddisfatto del loro lavoro. Esilaranti come al solito i duetti fra Totò e Peppino. Tra le improvvisazioni di Totò quella del corteggiamento della Zoppelli, alle parole di lei "Il resto è silenzio " incomincia a canticchiare il "silenzio" militare e la Zoppelli riesce benissimo a stargli dietro.

Scriveva Valentino De Carlo: "Ancora Totò e Peppino, ma questa volta si ride. Il copione ha almeno il merito di ripresentare vecchie cose con un certo garbo sconosciuto ai nostri film comici di serie B e Totò e Peppino sono prontissimi a cogliere il minimo pretesto per recitare con gusto". E Pietro Bianchi: " [..] Chi si ferma è perduto appartiene al filone facile, preveduto e volgaruccio, della nostra produzione faceta. Qualche invenzione verbale, un'eccellente interpretazione della coppia Totò - De Filippo non sono certo sufficienti per invitare a un onesto divertimento lo spettatore di gusto. Siamo alle solite: corna, miseria, qui pro quo [..] ".

 

Primo dei 7 film di Totò con la regia di Sergio Corbucci, "Chi si ferma è perduto" è una farsa classica, con elementi di commedia realistica e di pochade, che è poi la formula che caratterizza praticamente tutti i film del regista romano, scomparso nel 1990.

 

Basato sul classico e sfruttato scambio di persone, con esiti esilaranti, anche se sempre un po' scontati, il film è costituito di due parti giustapposte. La prima ha una struttura satirica a sfondo realistico, anche se non mancano esagerazioni, quali Totò con la maschera e la torcia elettrica che incontra di notte nell'ufficio Peppino vestito allo stesso modo, dove prevalgono le annotazioni di costume, certe caricature ben disegnate e, nell'insieme, una gradevole presa in giro del mondo impiegatizio, già sfruttata in altri film.

 

Nella seconda si trasforma in una pochade mal costruita, dove abbondano scompensi vistosi a livello di sceneggiatura, quali la lunga sequenza di "Giulietta e Romeo" recitata in versi, di vecchio sapore rivistaiolo, che non riesce ad essere nemmeno una parodia di Shakespeare; l'incontro di tutti i personaggi in una camera d'albergo e i relativi equivoci a catena.

 

Ancora una volta la coppia de Curtis-Peppino De Filippo ripropone ed evidenzia con forza, sotto l'apparente recitazione realistica o satirica, un chiaro volto clownesco: Totò clownn bianco e Peppino clown Augusto, anche se in questo caso la divisione appare in forme molto più attenuate e talora con ruoli scambiati. Totò, rispetto al precedente, "Risate di gioia" e al seguente "Sua Eccellenza si fermò a mangiare", sembra irriconoscibile, ritorna tutta la sua verve recitati va e il personaggio di sempre, il cui identikit è quello dell'uomo cinico e "spietato", opportunista, e confusionario, ma nello stesso tempo ingenuo e disarmante, che sono le caratteristiche del vero clown.

 

Stupenda è la parodia shakespeariana fatta da de Curtis al funerale del capufficio Cesare Santoro, ripresa dal famoso brano del "Giulio Cesare". Di travolgente comicità sono alcune scene, come tutte quelle all'interno dell'ufficio: quella degli schiaffi al "compare" davanti al presunto ispettore (mediata da "Fermo con le mani"); l'incontro con la sorella del Presidente (Lia Zoppelli) e il successivo corteggiamento, in cui si fa continuo riferimento alla pubblicità televisiva dell'epoca. La scena dei due vestiti da sardi sulla nave, a conclusione del film, richiama il topos già visto alla stazione di Milano in "Totò, Peppino e la malafemmina" e alla stazione di Madrid in "Totò, Eva e il pennello proibito".

Il film, oltre a riproporre alcuni tratti del Totò vecchia maniera, quali il modo di correre saltellando con le gambe larghe e l'appoggiarsi a una parete che non c'è, abbonda di scherzi linguistici e di scambi di parole: è meglio un ambo oggi che domani la gallina, quinterna per cinquina, esuberatore per esuberante, il mio è un hobby. Sono un obbedisco, audax fortuna juventus (plagiata da "Gambe d'oro"), sono in un vincolo cieco, cercare il pelago nell'uovo, a cuoppo cupo poco pepe cape.

Tratto da "Totò principe clown" di Ennio Bìspuri per gentile concessione

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