Film in
B/N durata 80 min. - Incasso lire 19.500.000
"Il ratto delle sabine" (Il professor Tromboni) 1945 di Mario Bonnard.
Soggetto Mario Amendola e Giorgio Moser.
Sceneggiatura Mario Amendola e Mario
Bonnard; Produttore Capitani Film, Direttore della Fotografia Giuseppe La Torre,
Musiche Cesare Bixio e Giulio Bonnard, Montaggio Gino Talamo,
Scenografia Mario Rappini, Aiuto Regista Gino Talamo, Fonico Enzo Cambi.
Interpreti:
Interpreti Totò (Aristide Tromboni), Carlo Campanini (Ernesto Molmenti),
Clelia Matania (Rosina, Laura Gore (Paolina), Olga Solbelli (Matilde),
Luisa Alliani (Ermenegilda), Aldo Silvani (Tancredi), Lia Corelli
(Mariannina), Mario Pisu (Alberto Randoni), Giuseppe Rinaldi (Emilio),
Claudio Ermelli (Germani), Mario
Castellani (proprietario del teatro), Fosca Spadaro (figlia di
Tancredi), Giuseppe Spadaro (Turiddu), Aristide Garbini (Bartolomeo),
Ciro Berardi (brigadiere), Italo Pirani (direttore della scuola),
Erminio Spalla (il cameriere ).
Trama: La compagnia del prof. Tromboni gira per i teatri di
provincia riuscendo a guadagnare appena di che sfamarsi.Un maestro di scuola offre dei soldi affinché si rappresenti una sua opera in
versi: Il ratto delle Sabine. L'ennesimo fiasco si conclude con un parapiglia generale.
CLIP:
"Il ratto delle sabine"
Critica: Da anni sentiamo ripetere che, dopo Petrolini,
Totò è, tra gli attori italiani, il vero attore, l'autentico attore-creatore, questa
tesi, le più famose pantomine dell'attore fantasista, alcune macchiette giustamente
alcune uscite piene di estro, l'espressività dei suoi aver visto alcuni dei suoi film, e
specialmente dopo questo Ratto delle Sabine, però, è lecito porsi una domanda: un vero
attore, un attore cosciente dei suoi mezzi, si assoggetterebbe così facilmente ad essere
irresponsabili prodotti del cinema italiano?
Antonio Pietrangeli, "Star",
Roma, 15 dicembre 1945.
Questo Ratto delle Sabine ha indubbiamente
diritto al brevetto del più insulso, aberrante film prodotto dalla cinematografia
italiana postbellica. Una sequela di cretinerie, di sinistri luoghi comuni, per i quali
sarebbe stato inutile sprecare, non diciamo pellicola, ma anche carta igienica [-.-]
Pensare che Totò sia capace, con la semplice efficacia della sua maschera, di risollevare
le sorti d'uno squallido, volgare, stupido copione, significa rendere un cattivo
servizio
al beniamino delle platee.
Vincenzo Talarico,
"L'Indipendente", Roma, 7 dicembre 1945.
Prodotto da
Liborio Capitani, che sperava di ripetere il successo di "San
Giovanni decollato", il film è tratto da un testo dei
fratelli Schoenthan, già interpretato a teatro dal grande Ermete
Novelli.
Prima interpretazione a fianco di Totò di
Mario Castellani e di Carlo
Campanini, che recitava contemporaneamente, come protagonista,
ne "Le miserie del signor Travet" di Mario Soldati.
"Il ratto delle Sabine" è il primo film del dopoguerra e, pur
inserendosi nella cornice tipologica ormai collaudata, ha
segnato una svolta nella carriera di Totò, che riesce a piegare
il personaggio del professor Tromboni ad una recitazione molto
meno marionettistica e più umanizzata. Per la prima volta, se si
eccettua il personaggio di Agostino Miciacio di "San
Giovanni decollato", l'Attore interpreta un personaggio
diverso da Totò: il professor Tromboni.
Questo per sottolineare il grande passaggio operato nella
direzione, del resto auspicata già all'uscita del primi film da
tanti critici autorevoli, di un graduale distacco di Totò dal
clichè del teatro di rivista, nel quale era nato. Soprattutto
nella prima parte il professor Tromboni, sottraendosi ampiamente
alle tentazioni rivistaiole, e pur rimanendo ancora legato ad
una certa tipizzazione d'insieme, presenta delle sfumature
recitative straordinariamente realistiche, in certi momenti
quasi da "neorealismo". Si potrebbe affermare, con una formula
semplificatoria, che qui il protagonista è un attore che "tende"
al carattere, ma conserva una straordinaria autonomia recitativa
costruita sull'osservazione diretta della realtà.
Torna in
primissimo piano il tema della fame, che è il motore del film,
che produrrà l'intreccio e le varie situazioni. Mario Bonnard
dirige questo film immettendovi una serie di elementi stilistici
e narrativi che sono tra loro eterogenei, quali un forte bisogno
di interpretare la realtà minuta (già evidente in "Avanti c'è
posto" e "Campo de' fiori"), una simpatia per il filone del
cosiddetto cinema "calligrafico", che lo porta a collocare la
vicenda in un'epoca compresa tra la fine dell'Ottocento e i
primi anni del Novecento, il recupero della rivista,
dell'avanspettacolo e della farsa. La stessa tematica sarà
ripresa dal regista in "Gastone" (1959) interpretato da Alberto
Sordi e anche "Luci del varietà" (1950) di
Fellini e
Lattuada ha alcune sequenze
in comune con "Il ratto delle Sabine".
La fame ne "Il ratto
delle Sabine" è molto più autentica di quella enfatizzata e in
parte ridicolizzata nei film precedenti. Bellissimo qui è il
gesto di Totò che, affamato da svenire si avvicina al tavolo
sparecchiato e ne trae alcune briciole che si mette in bocca: un
pezzo di sublime "neorealismo". -
Il film non è esente dalle varie espressioni del tipo a
prescindere e contiene per la prima volta una famosa battuta,
che verrà poi ripresa in altri film e spettacoli televisivi di
Totò: Ma Aristofane è morto! - Quando ? -Duemila anni fa - Come
passa il tempo! Totò canta alcuni brani d'opera, doppiato, e
l'aria "Iamme, iamme". Il film è uscito anche con il titolo "Il
professor Tromboni".
Tratto da "Totò principe clown" di Ennio Bìspuri per gentile concessione