Totò le Mokò

 

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Film in B/N durata 90 min.  -  Incasso lire 373.000.000  (valore attuale € 15.495.867,76)  Spettatori 4.420.000

"Totò le Mokò" 1949 di Carlo Ludovico Bragaglia. Soggetto da un'idea di Arduino Majuri, Sceneggiatura Vittorio Metz, Age, Furio Scarpelli, Alessandro Continenza; Produttore Forum Film, Direttore della Fotografia Sergio Pesce, Musiche Edoardo Micucci, Montaggio Mario Sansoni, Sceneggiatore Alberto Boccianti, Direttore di Produzione Raffaele Colamonici, Aiuto Regista Roberto Cinquini, Fonico Kurt Doubrawsky.

Interpreti: Totò (Antonio Lumaconi), Gianna Maria Canale (Viviane), Carlo Ninchi (Pepe le Mokò), Carla Calò (Suleima), Franca Marzi (Odette), Elena Altieri (Nancy), Luigi Pavese (Francois), Mario Castellani (Za La Mortadelle), Enzo Garinei (La Tulipe), Armando Migliari (Claude), Gianni Rizzo (Guida alla Casbah), Marcella Rovena (Sara), Flora Torrigiani (la ballerina).

Trama: Pepè le Mokò  morto in uno scontro con la polizia viene sostituito dalla banda con  un suo cugino, Antonio Lumaconi, suonatore ambulante che parte alla volta di Algeri convinto di dirigere una banda di suonatori.
La banda si fida ciecamente di lui e quando li invita a  preparare gli strumenti per andare al Grand Hotel, i banditi pensano ad un grosso colpo e quando Totò alza la bacchetta loro tirano fuori le armi. Arriva la polizia tutti fuggono e Totò  a stento si mette in salvo. L'amante del vero Pepè gli svela che la forza terribile di Pepè,  dipendeva da una lozione con cui il bandito si bagnava i capelli. Totò la sperimenta e si crede invincibile. La bella Viviane innamorata di lui gli chiede di battersi  per lei. Ma l'amante di Pepè gli taglia i capelli  e Totò perde la sua forza. Va ugualmente alla sfida e vince, sgomina tutta la banda, e con i soldi della taglia ritorna a casa e fonda una vera banda musicale.

 

 

 

Film completo: Totò Le Mokò

Critica: È la parodia del film "Pepè le Mokò": versione napoletana e divertentissima, di un musicista gesticolone, algerino d'adozione, alias Totò, al suo tredicesimo ciak. Per il regista Carlo Ludovico Bragaglia, invece, è il trentaquattresimo film.

Il film è forse uno dei più divertenti del primo Totò. Pieno di gag, battute, equivoci, giochi di parole, rapido nei tempi e vivace. Totò è un vero fiume in piena.

La Casbah Algerina ricorda molto da vicino i vicoli di Napoli e delle tante città di mare. La pellicola cita indubbiamente il famoso film "Pepè Le Moko" Il bandito della Casbah del 1937 di Julien Duvivier con protagonista Jean Gabin.

Non ne fa un remake comico, ma una cosa diversa e la citazione, ancorché ironica, è rispettosa per un grande film, come quello di Duvivier.

Nel film Totò canta la sua famosa canzone: La mazurka di Totò, piena di una struggente bellezza delle parole.

Con "Totò le Mokò" si ritorna alla maschera classica: frac, bombetta, mossettine da marionetta e corse a gambe sollevate. Qui Totò è uno scalcinato pazzariello che ritroveremo ne "L'oro di Napoli"; un musicista dilettante che si ritiene un genio incompreso, personaggio ripreso poi in "Totò a colori". Anche l'espediente narrativo, la lettera inviata da Algeri, verrà riproposta con le opportune varianti, da "Totò a Parigi" e "Totò, Eva e il pennello proibito".

Il film, un'esplicita parodia di "Pepe le Mokò" di Julien Duvivier (1936), permette a Totò di lanciarsi in un' altra avventura di tipo "esotico", con una casbah napoletanizzata, dove tutti parlano italiano. Anche in questo caso la presenza di Metz nella sceneggiatura, unita alla tendenza irrealistica del regista, favorisce le soluzioni surreali e "astratte".

Alla maniera di Achille Campanile si gioca sugli equivoci linguistici come "banda" intesa come complessso musicale e come associazione di delinquenti e sull'assonanza del nome "Le Moko" con quello dello sprovveduto e paesano direttore d' orchestra Antonio Lumaconi.

Totò sa esprimere al meglio tutto il suo estro recitativo, raggiungendo i più alti livelli, ma tenendo fuori del repertorio quel volto drammatico e da clown bianco che avevamo già assaporato ne "Il ratto delle Sabine" e in "Yvonne la nuit"; l'Artista si esibisce in alcuni pezzi eccezionali, quando canta e soprattutto quando balla, riuscendo a costruire una caricatura indelebile dell'apache malgrè lui.

Il topos ricorrente di Totò direttore d'orchestra è leit-motiv del film, che recupera anche, parodia nella parodia, "Sansone e Dalila" (di Cecil De Mille, 1949) appena uscito in Italia, con la scena di Sulima che gli taglia i capelli, fonte della sua forza.
Non c'è scena che non sia infarcita di giochi linguistici, di non-sense, di battute con sottintesi politici o sessuali e di riferimenti all'attualità, di evidente derivazione rivistaiola, come: salutame a tua sorella;

È Sara l 'indovina, ma non si indovina mica che è l'indovina; Chi ci impedisce di entravicici?; Non voglio mica finire sulla sedia a gas a gas? Se l'elettricità scarseggia; io sono un uomo di mondo. Per la prima volta compare la battuta Siamo uomini o caporali? , che verrà poi ripetuta due volte ne "L'imperatore di Capri", fino a diventare film nel 1955.

Alcune battute, anche se un po' scontate, hanno il sapore di un'attualità popolare, come l'affermazione Abbiamo trasmesso il segnale orario delle ore 11, detta da Totò dopo aver dato una padellata in testa ad un membro della banda.

Molte scene di "Totò le Mokò" riprese da altri film saranno, poi, riproposte in altri: il duello, che è la versione rovesciata del nucleo narrativo di "Fermo con le mani" sarà in "Figaro qua, Figaro là", "Totò contro Maciste" e "Totò contro il pirata nero"; quella del seltz, fatto uscire come fosse pipì allo stimolo "pssss" con la spiegazione l'ho imparato da mia madre quando ero bambino, di "Fifa e arena" sarà in "Totò, Vittorio e la dottoressa" e "Totò sexy".

Stupenda la canzone interpretata da Lumaconi, che inizia con le parole "Quando sei sola e giovane...", cui fa da contrappunto il ripetuto "io non ci volevo venire", strascicato da Totò ricercato nella casbah.

Tratto da "Totò principe clown" di Ennio Bìspuri per gentile concessione


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