Domani,
sabato 23 maggio 2009, sarà presentato il libro "Totò, vita e arte di un genio"
di Edmondo Capecelatro e Daniele Gallo (Gruppo Ed. Viator, Fondazione Ente dello
Spettacolo). Appuntamento alle 17.00 presso il Cinema Sala Trevi di Roma.
Partecipano, oltre agli autori, Annamaria Giraldi, Nadia Tarantini, Dario E.
Viganò
Edmondo Capecelatro ha rovistato con profondità
nella vita del Principe, proponendo un’accurata e inedita analisi biografica,
Daniele Gallo ha rivisitato la dimensione artistica di Totò, nelle sue varie
espressioni di poeta, compositore e naturalmente grandissimo attore. Scritto con
stile agile e scorrevole, il volume si rivolge a quanti vogliano approfondire la
conoscenza di un grande artista dal volto amico. In occasione della
presentazione del volume si è voluto proporre una delle più interessanti
antologie dedicate al grande attore napoletano, Supertotò, il capolavoro
pasoliniano Uccellacci e uccellini con il frammento inedito Totò al circo e un
classico per tutte le stagioni, Guardie e ladri di Steno e Mario Monicelli.
ore 18.00 Supertotò
(1980)
Regia: Brando Giordani, Emilio Ravel; origine: Italia; produzione: Filmauro;
durata: 107’
«Forse Giordani e Ravel hanno scelto con tempestività il momento di allestire
una nuova antologia di Totò (la terza dopo Totò Story del 1968 e Totò, une
anthologie del francese Jean-Louis Comolli): due dozzine di film serviti a
tocchetti, mescolati fra loro e cucinati in salse varie. Anche se, incompleto
(soprattutto sul versante del Totò cosiddetto impegnato: mancano Yvonne la nuit,
il rosselliniano Dov’è la libertà?, I soliti ignoti, il frate di La mandragola e
tutti i Pasolini), Supertotò è uno spettacolo raccomandabile. In tempi non
lieti, quando la voglia di sorridere è scarsa, aiuta a fare quattro risate; e
anche a ricostruire un discorso critico che per tanti anni è andato avanti a
furia di luoghi comuni. Come si fa, tuttavia, a proporre un’ipotesi
interpretativa della figura di Totò senza entrare in collisione con i “totologi”
più accreditati? Eviteremo di soffermarci sul frequente cattivo uso delle
qualità del comico, sull’esecuzione sbadata e perfino scomposta di certi sketch:
i film si giravano di corsa, non c’era tempo per preparare le scene, né in sala
prove né sul set. Qua e là, naturalmente, saltano fuori gli episodi clamorosi,
gli squarci irresistibili e semidimenticati. All’ingrosso il miglior Totò sembra
essere quello dei primi anni Cinquanta, quando anche il comico (nato nel 1898)
aveva da poco passato la cinquantina: resistono le capacità mimico-burattinesche
che avevano fatto la sua fortuna nel varietà, si delinea una più approfondita
maturità di interprete. Forse in L’oro di Napoli di De Sica, nel racconto
marottiano dell’umiliato e offeso che si ribella al guappo, c’è la grandezza e
il limite di Totò: straordinario quando ripete per le vie di Napoli gli antichi
passi e i richiami del Pazzariello, già fuori dal suo mondo espressivo nel
finale dove si oppone al prepotente con la fierezza di un burattino diventato
ometto per bene» (Kezich). Ingresso gratuito
ore 20.00 Uccellacci e uccellini (1966)
Regia: Pier Paolo Pasolini; soggetto e sceneggiatura: P. P. Pasolini;
fotografia: Mario Bernardo, Tonino Delli Colli; musica: Ennio Morricone;
montaggio: Nino Baragli; interpreti: Totò, Ninetto Davoli, Femi Benussi, Rossana
Di Rocco, Renato Capogna, Pietro Davoli; origine: Italia; produzione: Arco Film;
durata: 85’ «Antonio de Curtis e Pier Paolo Pasolini: è possibile immaginare due
cineasti tanto diversi? Il primo è un comico, scatena la sua fantasia in piena
libertà; il secondo è un intellettuale, la sua vita, le sue poesie, i suoi film
sono atti politici. Il principe è un conservatore di spiccate simpatie
monarchiche, il regista un uomo di sinistra pronto al duello dialettico con
chiunque, anche con il partito di riferimento; l’arte di Totò si muove nel solco
di una tradizione culturale, quella di PPP è spesso violenta opera di
sperimentazione. In comune Totò e Pasolini hanno almeno una cosa, la timidezza.
La sera in cui s’incontrano, in casa del principe, Pasolini gli parla di un
progetto cinematografico tra lunghe pause di imbarazzato silenzio; Antonio de
Curtis ascolta compunto, covando dentro di sé il disgusto per i jeans sdruciti
di Ninetto Davoli. Da quest’incontro stentato
nasce Uccellacci e uccellini, girato subito dopo La mandragola e ancora prodotto
da Alfredo Bini» (Anile). «Padre e figlio, in giro per il mondo, incontrano un
corvo parlante (con la voce di Francesco Leonetti) che gli fa la morale, secondo
la filosofia razionale di un intellettuale marxista. Quando si stancano delle
sue chiacchiere, lo mangiano. Film-saggio di stimolante originalità, il 4° film
lungo di P.P.P., operetta poetica nella lingua della prosa, propone in brevi
favole e in poetici aneddoti una riflessione sui problemi degli anni ’60: crisi
del marxismo, destino del proletariato, ruolo dell’intellettuale, approssimarsi
del Terzo Mondo. Con la sua divagazione evangelico-francescana, è anche un
apologo umoristico che in alcuni momenti ha l’umiltà e la densità del
capolavoro. Due Nastri d’argento a Pasolini (soggetto) e Totò (attore). Premiato
al Festival di Cannes» (Morandini). Alla copia del film è allegato un
frammento inedito, Totò al circo, della durata di 7’55”, tornato alla luce,
durante il restauro, curato dal Fondo Pier Paolo Pasolini, di Uccellacci e
uccellini. Vietato ai minori di anni 14
ore 21.45 Guardie e ladri (1951)
Regia: Steno, Mario Monicelli; soggetto: Piero Tellini; sceneggiatura: M.
Monicelli, Steno, Vitaliano Brancati, Aldo Fabrizi, Ennio Flaiano, Ruggero
Maccari; fotografia: Mario Bava; musica: Alessandro Cicognini; montaggio: Franco
Fraticelli; interpreti: Totò, Aldo Fabrizi, Ave Ninchi, Pina Piovani, Rossana
Podestà, Ernesto Almirante; produzione: Ponti-De Laurentiis Cinematografica;
origine: Italia; durata: 100’ «Totò è un ladruncolo napoletano che una bonaria
guardia romana (A. Fabrizi) deve catturare, pena la perdita del posto. Dopo
inseguimenti vari, i due fanno amicizia, scoprendo di avere molti problemi in
comune. Uno dei rari film di Totò che fu elogiato quasi all’unanimità dalla
critica dell’epoca (Nastro d’argento a Totò e a Cannes, premio alla
sceneggiatura di V. Brancati, A. Fabrizi, E. Flaiano, R. Maccari, Steno e Piero
Tellini) anche perché s’innestava nel filone neorealistico. “Ho favorito il
passaggio di Totò al neorealismo, limitando le sue caratteristiche di comicità
surreale che lo aveva caratterizzato in precedenza. Sarà poi Pasolini a
orientarlo più sul misterioso o sul magico, forse lo ha capito meglio di me” (M.
Monicelli)» (Morandini).
|