Miseria e nobiltà

 

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Film a colori durata 90 min. - Incasso lire 593.000.000  valore attuale € 14.617.768,59  -  Spettatori 4.021.000    English version    video-clip 51 sec.

"Miseria e nobiltà" 1954 di Mario Mattoli. Soggetto: dalla farsa omonima di Eduardo Scarpetta; sceneggiatore: Alberto Boccianti e Piero Filippone, direttore di produzione Alfredo De Laurentis, aiuto regista Roberto Cinquini, fonico Roy Mangano, musiche Pippo Barzizza, montaggio Roberto Cinquini; direttore della fotografia Karl Strauss, produttore: Carlo Ponti - Dino De Laurentiis per Excelsa-Roma Film, in ferraniacolor.

Interpreti: Totò (Felice Sciosciammocca), Dolores Palumbo (sua moglie Luisella), Sofia Loren (Gemma), Valeria Moriconi (Pupella), Enzo Turco (Pasquale), Giovanni Cavalieri (Don Gaetano), Carlo Croccolo (Luigino), Franca Faldini (la modista), Liana Billi (Concetta), Giuseppe Porelli (il marchese Ottavio), Franco Sportelli (il maggiordomo), Vera Nandi (la cameriera), Franco Pastorino (il marchesino), Franco Melidoni (Peppiniello), Giulia Melidoni (Bettina), Enzo Petito (don Gioacchino), Dino Curcio (Biase), Nino Di Napoli (il portiere), Nicola Maldacea jr. (lo sposino), Leo Brandi e Franco Caruso (due cafoni).

Trama: Felice e Pasquale vivono con le loro famiglie nello stesso appartamento e conducono una vita impossibile tra litigi e miseria. Un giorno il marchesino Eugenio, innamorato di Gemma figlia di un ex cuoco arricchito, propone a Felice e Pasquale di fare i finti parenti aristocratici della ragazza. Vestiti benissimo fanno la loro parte e sono accolti molto bene. I due ragazzi si sposeranno dopo varie vicissitudini.

 

 

Film completo: Miseria e nobiltà

Critica: La farsa di Eduardo Scarpetta è stata riadattata per il grande schermo nel 1941, da Corrado D'Errico, con uno dei Scarpetta figlio, Vincenzo, nel ruolo del protagonista. Ma nel 1909 era già stata tradotta per il piccolo schermo da Scarpetta padre. Riproduce il grande tema della fame, che nella Commedia dell'Arte è prerogativa di Pulcinella, unendolo al gioco degli equivoci.

 

Divertente la scena del ballo degli spaghetti, messi in tasca da Totò come provvista. Ma anche quella della dettatura della lettera, che anticipa lo sketch ormai celebre del film Totò, Peppino e la Malafemmina la pellicola rientra in una trilogia dedicata a Scarpetta-Totò e Mattòli, che comprende anche Il Medico dei Pazzi e Un Turco Napoletano.

 

Al centro della vicenda la fame e la mancanza di lavoro, poiché sia Sciosciammocca, di mestiere scrivano, che l'amico Pasquale (il grande Enzo Turco), di mestiere fotografo ("salassatore" nella commedia originale di Scarpetta), hanno scelto dei lavori ormai desueti, poco richiesti, e quindi vivono nell'inerzia occupando le loro giornate impegnando i loro miseri capi di abbigliamento o litigando a causa della coatta coabitazione.

Tra un litigio e l'altro però Turco e Totò daranno vita a delle scenette memorabili: prima tra tutte quella del famoso paltò del matrimonio di Pasquale, in cui Turco da spalla si trasforma in abile primattore servendosi di Totò come comprimario di lusso ed originando il tormentone "sennò desisti", utilizzato anche in una recente pubblicità di prodotti alimentari.

 

Le gag ed i colpi di scena si susseguono continuamente, abilmente gestiti dalla regia di Mattoli, permettendo a tutti gli attori di sfogare la propria vis comica tutta partenopea, dagli adulti al piccolo interprete Franco Melidoni nel ruolo di Peppeniello con il suo "Vincenzo m'è pate a me" banco di prova per molti attori (gli stessi De Filippo furono lanciati sul palcoscenico con lo stesso ruolo).

 

In conclusione la pellicola non mostra minimamente l'usura del tempo ed anzi continua ad avere lo stesso smalto dell'epoca, lanciando tra i frizzi e le battute anche delle pillole di saggezza: quale è la vera nobiltà? Quella del nome o quella dell'animo?

 

Secondo film della "trilogia" scarpettiana, "Miseria e nobiltà" può essere considerata in assoluto come il capolavoro del genere farsesco tra tutte le interpretazioni di Antonio de Curtis. Se in "Un turco napoletano" l'allusione al teatro era palese con il siparietto finale, alla fine del film, dava appunto l'illusione allo spettatore di aver assistito ad una rappresentazione teatrale, in "Miseria e nobiltà" il riferimento è anticipato e dichiarato, si fa vero e proprio linguaggio, rivelando l'intenzione di Mattoli di volere costruire Il vero e proprio spettacolo teatrale (la farsa di Scarpetta, appunto) semplicemente filmandolo. L'illusione è perfezionata dall'esibizione del tabellone della cassa, con i prezzi delle singole poltrone e il programma di sala. All'apertura del sipario, con lento zoom la camera si avvicina alla scena teatrale fino ad entrarvi. Solo allora lo spettacolo ha inizio. In effetti "Miseria e Nobiltà", rispetto a "Un turco napoletano" costituisce un passo ulteriore, radicale ed estremo, della poetica di Mattoli, tendente per quanto possibile e andando controcorrente, a ricondurre il cinema dentro il teatro: non vi sono scene in esterno reali, perchè tutto è visibilmente esibito e perfino ostentato come teatro. Il film si riduce solo a tre scene fisse: l'interno della casa di Sciosciammocca.

 

Il vicolo adiacente al teatro S. Carlino (altra allusione!) e l'interno della casa del povero Don Gaetano. In questo contesto così dichiaratamente teatrale, De Curtis dà il massimo delle sue immense risorse recitative applicate al genere farsesco. In una farsa come questa. priva di qualunque presupposto ideologico e costruita sulla bonaria, garbata e ironica ridicolizzazione del mondo e dei difetti umani, de Curtis si muove con il massimo della libertà, togliendo al suo volto e alla sua mimica ogni tratto realistico e deformando la recitazione in chiave espressionistica. Sceneggiato, oltre che da Mattoli, anche da Ruggero Maccari (uno dei padri della "commedia all'italiana"), il film tende a fondere insieme dal punto di vista stilistico la commedia dell'arte, la sceneggiata napoletana. Il vaudeville e la pochade.

 

I caratteri dei personaggi sono ben delineati e la storia si sviluppa secondo un canovaccio classico, dove finzioni, doppi giochi, agnizioni finali, inganni, amori contrastati, scambi di persona costituiscono gli ingredienti del racconto. Recuperando i tratti di tanti film precedenti, il personaggio di Sciosciammocca in Miseria e Nobiltà eleva il tema della fame a un livello di apoteosi scenica quasi metafisico (Felice dichiara che vuole sposare il cuoco). Tutte le molle dei personaggi scattano come un riflesso condizionato solo in riferimento alla fame e al cibo, che diventa così il motivo stesso del racconto. Totò è perfetto, perchè del tutto legittimato a fare teatro senza alcuna mediazione. La sua maschera è mobile e plastica, si trasforma anche profondamente a seconda degli stati d'animo, senza mai perdere il punto focale che è sì la fame, la miseria ecc., la soprattutto l'ironia garbata con cui queste vengono trattate ed esibite. Articolo correlato: >Copione teatrale di "Miseria e nobiltà" in formato PDF <; Articolo correlato: >Rappresentazione teatrale di Miseria e nobiltà< ; articolo correlato: Peppiniello è cresciuto, Franco Melidoni intervistato da Antonietta Civitillo

Tratto da "Totò principe clown" di Ennio Bìspuri per gentile concessione

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