La
De Curtis: «Trent'anni, occhi malinconici, non necessariamente partenopeo: avevo
pensato a De Niro»
NAPOLI - Trenta anni, non necessariamente
napoletano occhi molto espressivi con un velo di malinconia, e, dettaglio
fondamentale, che sappia recitare. Astenersi perdigiorno da casa del Grande
Fratello o Isola dei Famosi. Basta veramente poco per candidarsi ad interpretare
al cinema Antonio Griffo Focas Flavio Dicas Commeno Porfirogenito Gagliardi De
Curtis di Bisanzio, altezza imperiale, conte palatino, cavaliere del Sacro
Romano Impero, esarca di Ravenna, duca di Macedonia e di Illiria, principe di
Costantinopoli, di Cicilia, di Tessaglia, di Ponte di Moldavia, di Dardania, del
Peloponneso, conte di Cipro e di Epiro, conte e duca di Drivasto e Durazzo.
Ovvero più semplicemente Totò.
Ma è un poco che è difficile da trovare. Diana de
Curtis, che del Principe è la nipote ma anche una fan accanita, è sicura che
entro il 2009 il progetto del film sulla vita del più grande artista comico del
'900 italiano, «quel fatato omino lunare», come lo definiva Federico Fellini,
andrà finalmente in porto. Se ne parla ormai da troppo tempo, circa quindici
anni, perchè non si concretizzi: inizialmente per l'impegnativo ruolo del
protagonista si era pensato a grandi attori, del calibro di Robert De Niro o
Sergio Castellitto. Poi però è prevalsa la linea di affidarsi ad un interprete
meno noto e che abbia pertanto anche meno pretese economiche. «Noi non cerchiamo
il sosia di Totò - tiene a precisare la nipote Diana che sta scrivendo la
sceneggiatura dopo aver già realizzato un docufilm presentato al Festival di
Roma, «Un principe chiamato Totò» non cerchiamo assolutamente la macchietta, ci
mancherebbe altro.
Anche perchè nella vita di tutti giorni mio nonno
era un tipo riservato e aristocratico: collo lungo, spalle larghe e polsi
stretti. Basta vederlo in alcune fotografie di famiglia, in vestaglia, per
rendersene conto: dal collo lungo, le spalle larghe e i polsi stretti. Noi non
faremo un film su Totò che sghignazza con la bombetta, così non si vedrà mai,
non ci interessa. Racconteremo invece la storia di Antonio Clemente, figlio di
n.n. e di una sedicenne del rione Sanità, che diventa principe e attore». Il
film prende le mosse dagli anni difficili di Totò, tra il 1920 e il 1930, gli
anni delle «periodiche», le serate di intrattenimento della piccola borghesia
napoletana, delle scritture senza paga, delle scarpe sfondate, della fame e
della miseria, «copione - come ripeterà più tardi il principe de Curtis - della
vera comicità». Pagine di vita vissuta, raccontate dallo stesso artista, che si
riflettono su un'epoca. «L'attore che cerchiamo - riprende Diana de Curtis -
dovrà avere un'età intorno ai trent'anni, per essere in grado di interpretare
Totò a partire dai diciotto fino ai sessant'anni ». Non solo. L'erede del
principe della risata ha ben chiaro un riferimento cinematografico cui
ispirarsi: «Mi è molto piaciuta la biografia di Chaplin realizzata alcuni anni
fa dal regista Richard Attenborough, ecco vorrei che questo film riuscisse nello
stesso modo a raccontare pubblico e privato di mio nonno». Il film, che
diventerà anche una fiction per la televisione, non è l'unico impegno che Diana,
assieme a sua madre Liliana, ha in programma per il 2009 nel segno di Totò.
«A Palazzo dello Spagnuolo aprirà finalmente il
museo», assicura. Ma davvero? Sono dieci anni ormai che se ne parla, è diventata
quasi una barzelletta. Totò direbbe: «Ma mi faccia il piacere...» No, stavolta
ci siamo, «è certissimo che lo inauguriamo nel corso del 2009. Gli allestimenti
sono tutti pronti, attendiamo di realizzare l'ascensore nello spazio che abbiamo
acquistato, al centro di un contenzioso. Non è facilissimo costruire un
ascensore in un palazzo storico, ma ce la faremo». L'altro progetto, su cui però
vige per il momento l'assoluto embargo, è un libro che uscirà a febbraio per i
tipi Mondadori scritto da Liliana de Curtis e dalla giornalista Matilde Amorosi.
Dopo aver raccontato la vita, le donne, i film e le battute dell'illustre
genitore, Liliana ora si sofferma sulla «vera storia di Malafemmena ». Il grande
comico napoletano non scrisse la celebre canzone per Silvana Pampanini, come
vuole una leggenda popolare sostenuta dalla stessa attrice, ma per la moglie da
cui si separò con grande dolore nel 1951. Prova evidente è la dedica «A te,
Diana» che appare scritta nel deposito Siae della canzone. Non solo, quando Totò
intestò alla moglie un appartamento le spiegò che non le regalava un bel niente,
in effetti quella casa se l'era comprata lei con i diritti di Malafemmena.
Intanto Totò continua a dominare sull'emittenza televisiva campana. Durante le
festività natalizie i suoi film in bianco e nero hanno riscosso il solito grande
successo in termini d'ascolto. «Totò - azzarda la nipote - è quasi più famoso
oggi di ieri. Basta vedere anche l'uso, a volte improprio, che se ne fa. Vero è
che, come dice Arbore, è patrimonio dell'umanità. Però a volte si esagera ». Da
qui le cause che periodicamente gli eredi intentano (e quasi sempre vincono) nei
confronti di chi, soprattutto nella pubblicità, usa arbitrariamente le immagini
e le battute del proprio congiunto, ricavandone profitto per sè. «Cerchiamo di
essere sempre molto attenti, nei limiti del possibile, abbiamo un legale che ci
segue, mio nonno era un uomo riservato, a volte la sovraesposizione mi sembra
irrispettosa nei suoi riguardi». Un altro anno, dunque, nel segno di Totò. E ciò
fa il paio con la quantità incredibile di lettere che ancora oggi pervengono al
cimitero del Pianto, indirizzate al principe de Curtis. Gli chiedono di tutto:
protezione, aiuto per familiari malati o in difficoltà, posti di lavoro. Due tra
le tante scelte da Diana e Liliana de Curtis: «Caro Totò, se potessi scegliere
il mio angelo custode, sceglierei te, anche se non hai le ali» ; «Caro Totò,
aiutaci tu dall'alto dei cieli, c' 'a maronna nun se ne cura, 'o Padreterno tene
che ffa' e 'e sante so' ghiute in trasferta».
Gabriele Bojano 05 gennaio 2009
(ultima modifica: 06 gennaio 2009)
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