Fermo con le mani
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Film in B/N durata 80 min. Girato negli stabilimenti della Farnesina e della sala Palatino di Roma. English version "Fermo con le mani" 1937 di Gero Zambuto. Sogetto Guglielmo Giannini, Sceneggiatura Gero Zambuto e Guglielmo Giannini; Produttore Gustavo Lombardo per Titanus, Direttore della fotografia Otello Martelli, Musiche Umberto Mancini, Montaggio Giacinto Solito, Sceneggiatori Nino Maccarones, Antonio Valente, Direttore di produzione Carlo Josè Bassoli, Aiuto regista Giacinto Solito, Fonico Emanuele Weiss. Interpreti: Totò (Totò il vagabondo) Erszi Paal (Eva Frastorny), Tina Pica (Giulia la cameriera) , Oreste Bilancia (il cav. Geronimo Battaglia), Franco Coop (Vincenzino), Nicola Maldacea (il suggeritore), Miranda Bonansea Garavaglia (la bambina), Cesare Polacco (il capomastro), Luigi Erminio D'Olivo (il direttore d'orchestra), Guglielmo Sinaz (il capo cameriere), Alfredo Martinelli (un cliente), Giuseppe Pierozzi (il direttore del teatro) e con Bruno Calabretta, Lena Bellocchio, Giuseppe Zoppegni, Gero Zambuto, Yvonne Sandner, Alfredo De Antoni, Adelmo Cocco. Trama: Totò è un vagabondo. Un pover uomo che vive alla giornata. Di piccoli lavori ed espedienti. Ma in giro, di opportunità, non ce ne sono molte. E allora un giorno decide di travestirsi da donna. E il caso vuole che lo assumano in un Istituto di bellezza. Totò comincia subito col massaggiare una bella e conturbante cliente, Eva, ma il suo atteggiamento interessato ne tradisce...la mascolinità. E proprio mentre si trova a tu per tu con la cliente, un amico della donna scopre la vera identità di Totò: il quale riesce a fuggire approfittando della confusione. Il destino però è ancora in agguato. Totò si mette subito alla ricerca di un altro posto. E viene assunto come custode in un teatro. Proprio dove si esibisce la bella Eva. Ed una sera, a causa di un contrattempo accaduto al direttore d'orchestra, Totò lo sostituisce. E salva lo spettacolo. Ma il vero direttore lo denuncia e l'uomo finisce in questura. Nella sfortuna, proprio dietro le sbarre lo aspetta una bella sorpresa. Viene infatti a sapere di essere l'erede di una famiglia aristocratica... |
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Critica: E' il primo film del Principe Antonio de Curtis, in arte Totò. E' l'ultima delle tre pellicole dirette dal regista Gero Zambuto, dopo Acqua cheta del 1933 e L'Avvocato difensore del 1934. Il regista è anche attore: recita infatti in quattro film, l'ultimo nel 1943: Macario contro Zagomar.
Contiene tutti i cromosomi fondamentali della "maschera" del personaggio Totò. Il vagabondo in frac ricalca in alcuni stilemi lo Charlot americano e l'utilizzazione della piccola Miranda Bonansea Garavaglia, presentata come la Shirley Temple italiana, inserisce il film nell' atmosfera generale del cinema americano coevo.
Alcune situazioni narrative accentuano fortemente questa impressione, come la classica fuga iniziale e il lungo episodio della trovatella sottratta al suo sfruttatore, la fuga dentro i tubi di cemento e le scene d' interno con la bambina che canta.
Oppure la scena surreale in cui Totò fa il pedicure al vecchio calvo e per ovviare ai cattivi odori si mette una maschera antigas. Il carattere del personaggio è chiaro sin dalla prima scena, quella del risveglio, ripresa in molti altri film, con i mille espedienti per sopravvivere ad un mondo violento e sordo a qualunque nobile sentimento. Totò se la cava "pescando" il pesce dal banco del pescivendolo (situazione ricorrente in "Guardie e ladri" e 'Totò a Parigi") e opponendosi con dignitosa fermezza ai soprusi del padrone di casa. Esilarante la scena in cui imbraccia una scopa usandola come un fucile, ripresa poi in "Figaro qua Figaro là" con uno spiedo infilato in un pollo e successivamente in "Totò contro il pirata nero". .
Ma lo stereotipo su cui si voleva costruire lo "Charlot italiano" o lo "Charlot dei poveri", si frantuma proprio per la "napoletanità" e per le particolari qualità recitative di Totò che esplodono continuamente, anche se fortemente caratterizzate dagli stilemi del muto. Il film rientra nello schema della farsa e nella tradizione dei "telefoni bianchi", con la donna, mantenuta e segregata in un appartamento di lusso, con maestro di musica e cameriera.
Compaiono per la prima volta le famose espressioni quisquilie, pinzellacchere , aufwiedersehen e i lunghi monologhi non-sense come la spiegazione data alla bambina della parola funzionario. Un altro dei cromosomi del film è costituito dalla scena finale, nella quale Totò dirige l'orchestra, che sarà un leit-motiv di tanti film successivi. Tratto da "Totò principe clown" di Ennio Bìspuri per gentile concessione |
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