Totò, Eva e il pennello proibito

 

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Film in B/N durata 100 min.  -  Incasso lire 376.000.000 (valore attuale € 9.814.049,58)  Spettatori 2.705.000   Video-clip 35 sec.

"Totò, Eva e il pennello proibito" 1959 di Steno. Soggetto  Vittorio Metz, Roberto Gianviti adattamento Jean Alain;  Sceneggiatura Ruggero Maccari, Vittrio Metz, Roberto Gianviti. Proddutore Jolly Film (Roma), Cormoran (Parigi), Hesperia Film (Madrid), Direttore della fotografia Alvaro Mancori, Musiche Gorni Kramer, Montaggio Giuliana Attenni, Sceneggiatore Piero Filippone, Direttore di produzione Franco Palaggi, Aiuto regista Mariano Laurenti.

Interpreti: Totò (Totò Scorcelletti), Abbe Lane (Eva), Louis De Funès (professor Montie), Giacomo Furia (Tobia), Mario Carotenuto (Raul), Jose Guardiola (Josè), Riccardo Valle (Pablo), Luna Pilar Gomez Ferrer (Gloria), Luigi Pavese (il commissario), Anna Maria Marchi (sua moglie), Francesco Mulè (Alonso), Anna Maria Di Giulio (sua moglie), Enzo Garinei (il suo amante), Anna Maestri (signora sul treno), Guido Martufi (il copista), Gianni Partanna (il notaio), Silvia De Vietri (la cameriera).

Trama: Totò, pittore, viene convocato a Madrid da Eva e da Raoul per eseguire una copia della Maja desnuda ma viene convinto a ricoprirla con una camicia. Tentano quindi di truffare una ricca americana che convinta dal critico Montiel si convince ad acquistare il quadro. Dopo una serie di disavventure Totò e Montiel si danno alla produzione di falsi, ma finiscono in carcere.

 

 

clip: Totò, Eva e il pennello proibito

Critica: Co-produzione italo-franco-spagnola, dove la partecipazione spagnola fu dovuta in particolare al fatto che Totò era atteso in Spagna ma lui aveva paura degli aerei. Si dovevano sfruttare le scene degli interni de La Maja desnuda e poi gli esterni in Spagna ma non potendo andare in Spagna si cambiò la sceneggiatura: invece di un comico spagnolo si optò per uno francese, Louis de Funès.

Goya torna nel cinema italiano per una variazione spagnola sul tema e sul personaggio di Totò. Situazioni già note, battute a tutti i costi spiritose che fanno tanto sabato grasso. Arturo Lanocita, "Corriere della Sera", Milano, 15 febbraio 1959

 

Altro tentativo, dopo "La legge è legge", di esportare Totò in Francia accoppiandolo ad un comico francese, in questo caso Louis de Funès, che rivedremo anche nel film successivo, "I tartassati". "Totò, Eva e il pennello proibito" è nell'insieme una farsa gradevole (soprattutto la prima parte), giocata su una trovata originale, che è quella di una truffa organizzata su una terza "Maya" di Goya, la "Maya in camicia", intorno a cui ruota tutto il film, ben sorretto dalla recitazione di Mario Carotenuto e Giacomo Furia. Il disegno d'insieme però è spesso compromesso, soprattutto nella seconda parte, dalla foga di Metz, che propone nella sceneggiatura delle esagerazioni che come al solito sfondano la barriera del realismo minimo, compromettendo l'esito dell'intero film, pur basato su un intreccio divertente ed anche verosimile.

 

L'inizio si fonda sullo schema già collaudato e quindi ripreso da "Totò le Mokò" e "Totò a Parigi", con la lettera/telegramma che invita Totò a raggiungere rispettivamente Algeri, Parigi e Madrid. Qui è anche appena accennata la famosa sequenza del treno, presente in "Totò a colori" e in "Totò a Parigi", con una signora nello scompartimento (Anna Maestri) e i vari equivoci linguistici dovuti allo spagnolo maccheronico parlato da Totò: Josè, scambiato per cos'è, corason  per che ore sono, e ancora i giochi linguistici dell'italiano cestinii per gestini, fucilati  per rifocillati, stock per stoccafisso, Maja per maglia, io faccio le Maye, sono il magliano, se c'è il microbo, che cosa, fa sotto l'azione antibatterica dell'antibiotico pennicillinico? Muore.

 

Morto un microbo se ne fa un altro, imparo l'italiallo! Ce ne stanno è voce del verbo cenestare, viceversa starci è l'imperfetto del verbo pomiciare.

Ritornano scene già collaudate in altri film: il solito imbroglio dei soldi, da "47 morto che parla"; l'arrivo dei due alla stazione di Madrid, vestiti da toreri, da "Totò, Peppino e la malafemmina"; il carabiniere chiamato "generale" e il valletto in uniforme scambiato per un "monsignore". Veri e propri plagi sono le due scene al tabarin, riprese da "Fifa e arena" e "Totò le Mokò", che utilizzano Totò in una esibizione prima maniera, con i vari contorsionismi. Di grande forza comica sono le scene con il commissario (Luigi Pavese) e i duetti con Carotenuto e Furia, quando cioè la recitazione è contenuta sul piano satirico e non straripa oltre i limiti del realismo, come avviene nella lunga e bruttissima sequenza del pozzo, che sposta il film su un piano di comicità burattinesca e lo fa scadere a livello del cartone animato.

 

Quello che invece deve essere sottolineato è il valore sempre alto della recitazione di Totò, sobria, misurata e, con un ossimoro che riteniamo efficace, densa di "realismo surreale", unitamente alla sua appartenenza al clown Augusto, cui sempre fa da contraltare il clown bianco, qui interpretato da Giacomo Furia.

 

Esemplari in questo senso sono la scena iniziale nell'appartamento di Furia e quella alla stazione di Madrid con le valigie rovesciate, oltre alle ininterrotte punzecchiature, male parole, angherie varie sempre subite dalla spalla senza reagire.

Tratto da "Totò principe clown" di Ennio Bìspuri per gentile concessione

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