« Non ho mai
voluto dimostrare niente, ho voluto soltanto osservare, guardare obiettivamente,
moralmente la realtà ».
ROBERTO ROSSELLINI
Roberto Rossellini, nato nel 1906 da una
famiglia più che benestante, si avvicina al cinema attraverso diversi percorsi: grazie
allamore per il cinematografo che gli fa scoprire la passione per i serial muti e
per registi come Griffith, Ford, Keaton e attraverso la collaborazione senza firma per
sceneggiature importanti.
Lopera di Rossellini si può scomporre in tre differenti
fasi, ognuna delle quali fondamentale nella vita del regista romano: la fase
neorealistica, quella psicologica e quella didattica.
Il periodo neorealistico lo si può considerare come il più importante sia per come è
nato, sia per linfluenza che ha esercitato su gran parte dellopera di quegli
anni. In questo periodo, infatti egli gira quella che unanimemente viene definita la
"Trilogia della guerra" che comprende: Roma città aperta(1945), Paisà(1946) e
Germania anno zero(1948).
Ed è proprio con la realizzazione del primo dei film succitati
che molti critici fanno coincidere la nascita del "neorealismo": il più
significativo movimento cinematografico che lItalia abbia mai avuto.
Il neorealismo si propone, sin dai primi insegnamenti di Rossellini, di rappresentare la
realtà attraverso la comunicazione documentaristica. Per la prima volta il cinema scende
per le strade, sinteressa della vita di tutti i giorni e della gente comune
documentando situazioni spesso disagiate: Rossellini cerca di osservare e analizzare le
difficoltà di unItalia appena uscita completamente devastata dalla guerra.
Il regista romano lha vissuta la guerra, ed è proprio il desiderio di non
assoggettare la sua opera alle costrizioni del cinema fascista che lo spinge rifugiarsi,
durante i bombardamenti, in un convento romano e a combattere, poi, il cinema dei
"telefoni bianchi" raccontando la storia dellantifascismo e della
resistenza. |
Nel suo cinema, Rossellini, pone sotto la lente dingrandimento le azioni, i gesti
dei singoli individui nei quali gli spettatori sidentificano completamente: parte
dal fenomeno, lo esplora e ne fa scaturire tutte le conseguenze, anche politiche. Ma
lelemento essenziale della sua cinematografia è quella che egli stesso chiama
"lattesa": <<una sorta di sospensione nel dramma
dellaspettazione, nella incombenza di una tragedia imminente, per cui i fatti, i
personaggi, le azioni perdono il loro carattere fittizio>>.
Nella realizzazione dei suoi film Rossellini ha voluto sempre essere lasciato libero da
qualsiasi costrizione ed è per questo che non ha mai basato il suo lavoro su
"sceneggiature di ferro" precedentemente definite, ma ha creato i suoi film in
corso dopera, libero di cancellare e riscrivere in qualsiasi momento.
Tutti gli espedienti tecnici adoperati da Rossellini sono anche quelli tipici del
neorealismo: riprese girate fuori dagli studi, nelle strade, nei luoghi reali; movimenti
di macchina liberi e improvvisati (la morte della signora Pina in Roma città aperta);
tempo filmico più vicino a quello della realtà (lento con più "attese");
ambienti desolati senza abbellimenti; finali aperti come nella vita reale. Per quanto
riguarda il montaggio va fatto un discorso a parte: Rossellini definiva questa fase del
film (dai più considerata di estrema importanza) come inessenziale a favore del ritmo:
<<La sola cosa che importa è il ritmo, e il ritmo non simpara: lo si porta
dentro>>; <<ma in Italia, afferma Bruno, si è legati ad un rozzo (o volgare)
contenutismo e si giudica un autore solo per il suo detto>>: le singole inquadrature
si allungano e rendono il film più lento, più vicino ai tempi della realtà.
E doveroso affermare che, quello che poi dai critici è stato definito neorealismo
non è per Rossellini una scuola ma una necessità legata alle vicissitudini comuni degli
uomini di quel periodo: si tratta di una necessità non puramente legata alla forma ma
essenzialmente etica e morale innanzitutto: come afferma Renzo Rossellini, in quel periodo
<<La cultura era stata violentata per un ventennio con un bavaglio alla bocca,
[
] il neorealismo fu un urlo liberatorio sia nei contenuti che nella forma di ciò
che esprimeva>>. Vi sono, in quel periodo, più neorealismi cinematografici: vengono
classificati film neorealisti "puri" quelli con riprese e attori presi dalla
strada e, film neorealisti "impuri" quelli in cui vi è lutilizzo di
attori professionisti. Ma Rossellini vuole essere lasciato libero da ogni tipo di
costrizione: solo in questa maniera può esprimere tutto il suo potenziale artistico.
La seconda fase che caratterizza la cinematografia di Rossellini è quella che viene
definita "psicologica". Attraverso questo cinema egli analizza linconscio
dei suoi personaggi, e ne esplora lorigine delle emozioni e, per farlo, utilizza
unattrice su tutte, Ingrid Bergman, che sarà anche la sua compagna nella vita.
E il periodo di una seconda trilogia, quella della solitudine, che comprende:
Stromboli terra di Dio (1951), Europa51 (1953) e Viaggio in italia (1954); Rossellini
analizza il tema dellesser soli in tre modi completamente diversi.
Nel 1963 decide di ritirarsi dalla professione di regista cinematografico di film
comunemente intesi, entrando in quella che viene definita la terza fase della sua
carriera: quella "didattica". In questo periodo decide di dedicarsi alla tv con
lo scopo di rinnovare la propria ricerca cinematografica e approfondirne laspetto
sintattico: <<Si accinge in tutta libertà a riesaminare ogni cosa dallinizio
alla maniera del maestro delle scuole elementari che cerca di raccontare nel modo più
semplice e lineare i grandi avvenimenti della storia e della natura ripartendo da
zero>>, profondamente convinto di una crisi che, ancor prima che del cinema,
appartiene alla cultura del periodo, pronta a <<diventare frammenti di tubo
digerente da questa imperante "civiltà del consumo">>.
Ma, proprio in relazione alla didattica rosselliniana, ben presto ci rendiamo conto
dellessenza stessa del suo cinema: cercare di insegnare alla gente che il cinema
può essere fatto da tutti: <<Un lavoro pedagogico che, supera di gran lunga i
confini del cinema e quelli della televisione, per porsi al centro della formazione
delluomo nuovo>>.
Ed è anche questo uno dei motivi che portò Rossellini ad utilizzare attori non
professionisti nei suoi film: un particolare che è divenuto un punto fondamentale nella
ricerca espressiva del neorealismo. Il regista romano chiede ai suoi attori non di
recitare, ma di essere se stessi in maniera tale da poter catturare i loro gesti abituali,
allo scopo di ricreare la realtà. Questo, di certo, non ha evitato lutilizzo di
attori già esperti: ma, come è successo con la Magnani prima e con Totò poi, Rossellini
simpegna, attraverso lutilizzo della macchina da presa
"neorealistica", a mettere a nudo i propri attori e rivelarne la recitazione,
rendendoli più vivi, più comuni, più reali agli occhi del pubblico.
La collaborazione con Totò in Dovè la liberta..? (1954) arriva in un periodo ( i
primi anni 50) di piena sperimentazione, che aveva visto la nascita, oltre che dei
film della "trilogia della solitudine", de La macchina ammazzacattivi (1952) e de
I sette peccati capitali (1952).
2.1 Dovè la libertà
?
Nel 1951 Carlo Ponti e Dino De Laurentiis, che già da tempo collaborano con Rossellini,
trovano laccordo con Totò circa la partecipazione nella loro successiva produzione.
In quel periodo Totò riscuote un gran successo pubblico e quindi anche
dincassi.Lanno successivo iniziano le riprese e, oltre a Totò, il cast
prevede una gran numero di attori non professionisti, ovvero presi dalla strada come: Nyta
Dower, Ugo DAlessio, Franca Faldini.
Questultima aveva avuto solo qualche esperienza cinematografica in America, grazie
ad un film con Jerry Lewis e Dean Martin.
La lavorazione del film risulta molto caotica, come caotici sono tutti i set
cinematografici di Rossellini: molto spesso i soggetti e le sceneggiature precedentemente
stabiliti non vengono rispettati e ci si ritrova inevitabilmente a riscrivere tutto al
momento. E lincaricato di questo infausto ruolo è
Ennio Flaiano: ma, alla
realizzazione completa della sceneggiatura, vi partecipano anche i due volti di Totò in
Dovè la libertà. Sopra: si commuove cantando una canzone
nostalgica con un suo amico carcerato. Sotto: condannato per la sua "invasione"
non lesina lazzi e "sberleffi" di ogni tipo. Vitagliano Brancati, Antonio
Pietrangeli e Vincenzo Talarico. In questo clima, Totò e Rossellini pare che in alcuni
giorni non sincontrino mai, avendo ognuno preferenze diverse circa gli orari di
lavorazione.
Dovè la libertà non viene diretto solo e unicamente da Rossellini ma capita spesso
che quest ultimo si faccia sostituire da registi in quel momento disponibili come
Lucio Fulci o
Federico Fellini. Nel corso degli anni si è parlato anche di alcune scene
girate da Mario Monicelli ma, il regista toscano ha negato fermamente qualsiasi tipo di
contributo al film.
Quando le riprese si spostano da Roma a Napoli, Rossellini abbandona completamente il set
a causa delle incomprensioni che si sono venute a creare tra lui e i produttori.
^Top
Dovè la lbertà
? Dopo due anni di stasi viene terminato dal giovane
Federico Fellini che per la prima e unica volta si trova a dirigere Totò: << I produttori mi
pregarono di concludere in qualche modo il film. Una sequenza minuscola:[
] Totò che
saltava in testa allavvocato Talarico e gli mordeva lorecchio. Tutto qua. Ma
io ero ugualmente intimidito e a disagio >>.
La parte del film girata da Rossellini diventa un flashback del racconto fatto da Totò
nel tribunale di giustizia.
Ma Dovè la libertà
? Sembra non essere il più fortunato dei film: Mario
Piperno, ultimo superstite di una famiglia ebrea decimata dalle deportazioni ai campi di
concentramento, si sente offeso dalla figura, nel film, di Abramo Piperno e ne chiede la
sospensione. Ma, nonostante le difficoltà del caso, il film, presentato nelle sale nel
1954, viene accolto con non poche polemiche:
Il barbiere Salvatore Lojacono, dopo 20 anni di carcere per luccisione
dellinsidiatore della moglie, ritorna in libertà e scopre che la prigione è meglio
della vita nel mondo libero: dallaula del tribunale chiede infatti di tornare in
cella, dopo aver già tentato, qualche giorno prima, di rientrarvi di nascosto. Il motivo
della scelta concerne appunto le delusioni provate in mezzo ai liberi cittadini, dove
truffe, soprusi, ingiustizie, raggiri sono allordine del giorno. Persino il felice
ricordo della moglie defunta è infangato da una bieca vicenda in cui i loschi parenti di
lei cercano invano di coinvolgerlo. Il tribunale non accoglie la sua richiesta:
lunica cosa che gli resta da fare è saltare in testa al suo avvocato per poter
ottenere il "privilegio" agognato.
Il tema centrale del lungometraggio è senza dubbio molto caro al regista romano:
lincontro-scontro tra giustizia e libertà, in un mondo in cui essere in prigione è
sicuramente meglio di vivere in una realtà fatta di meschinità, raggiri e falsità:
<<in un mondo in cui lindipendenza di un uomo è spesso puramente
formale>>.
Ben presto Totò/Salvatore si rende conto che la libertà non è dove egli la sta
cercando, nella società degli uomini "liberi": ma, allora, dovè la
libertà
? E là dove vuole tornare, in prigione: Rossellini ci regala una
delle scene più belle del film in cui Totò/Salvatore dà vita a una vera e propria
evasione al contrario, con tanto di lenzuola legate luna allaltra.
Il film rimane in equilibrio in quel limbo espressivo che vede la favola e la comicità da
una parte e la realtà e la tragicità dallaltra: Rossellini pare in un primo
momento non sbilanciarsi troppo ma, nella seconda parte del racconto, come nella pura
espressione neorealistica si tuffa nella realtà e nel racconto delle vicende umane. E
<<parliamo della balera suburbana dove si fa la maratona di danza; dellinfimo
dormitorio dalle pareti lebbrose dove Totò va ad alloggiare dopo uscito di prigione; e di
quella famiglia di affaristi strozzini che vive nellappartamento carpito a ebrei
deportati>>.
Tranne Totò, tutti i personaggi hanno in sé qualcosa di malvagio, pronti ad abbandonare,
utilizzare, manipolare Totò/Salvatore in relazione ai propri interessi: Rossellini
connota il suo protagonista delle tipiche caratteristiche delluomo neorealista.
Subito dopo la presentazione, il film subì una spaccatura nella critica:
Dovè la
libertà
? diventò il mezzo attraverso il quale esaltare o denigrare lintera
cinematografia di Rossellini. Se Marcello Clemente su "Filmcritica" affermava
che <<[
] Dovè la libertà
? È opera originale, non indegna certo
del fortissimo artista che lha firmata>>, lautore anonimo di
"Cinema Nuovo" asseriva che <<[
] del film non si capisce quasi
niente>>. A distanza di anni, lo stesso Rossellini ammette che nel film aveva
sperimentato nuovi registri espressivi, un po come aveva già fatto per la Macchina
Ammazzacattivi: ma cè da dire, anche, che il lungometraggio presentato nelle sale
nel 1954, non è come effettivamente Rossellini lha pensato a causa degli scontri
con i produttori: <<Il film come si vede oggi è molto mutilato, molto alterato, era
molto più crudele. Questo tentativo di addolcirlo che hanno fatto i produttori gli toglie
peso>>.
Dovè la libertà
? Sembra avere forti legami con
Guardie e ladri (1951) di
Monicelli e, a tratti, abbiamo limpressione che lopera di Rossellini ne sia
una sorta di continuazione: Totò, arrestato nel film di
Monicelli, esce dal carcere dopo
22 anni salvo, per poi tornarci "invadendo" la prigione. Ma, al tempo stesso,
pare esserne anche il capovolgimento: in Guardie e ladri Totò fugge per non essere
catturato, in Dovè la libertà
?, invece, vuole ritornare in prigione. Ma,
come afferma lo stesso Rossellini, il film, pur avendo punti di contatto con la Macchina
Ammazzacattivi (per il loro carattere sperimentale) si lega fortemente a Europa 51
<<perché è un tentativo di esaminare la stessa situazione>>: Ingrid Bergman
in Europa 51 e Totò in Dovè la libertà
?, vivono in un mondo dove la
spiritualità e la moralità hanno ceduto il passo allegoismo e allavidità;
non potendo contare sugli altri, entrambi i protagonisti si chiudono in se stessi,
nellincomunicabilità.
^Top
Rossellini e Totò si avvicinano al film in maniera completamente diversa: il regista
romano usciva con le ossa rotte dal disastro commerciale di Europa 51 ed era ai
ferri corti col duo Ponti-DeLaurentiis, Totò, invece, che riscuoteva con i suoi film un
gran successo di pubblico, con la pellicola rosselliniana aveva la possibilità di
cambiare completamente il proprio registro espressivo, dimostrando di non essere solo il
clown, ma di essere un vero attore in grado di sostenere anche ruoli drammatici.
In poche parole lautore romano e lattore napoletano arrivano al film con
bisogni reciproci ma il successo non sarà quello sperato: Ponti-DeLaurentiis
licenzieranno Rossellini e lesperienza drammatica di Totò morirà sul nascere. Come
afferma Guido Michelone <<Forse Rossellini sottovaluta i problemi insiti nel
dirigere un protagonista come Totò, la cui creatività si sovrappone alle libertà e alle
improvvisazioni del regista a scapito della fluidità e dellintelligenza del
racconto>>.
Ma in realtà, in Dovè la libertà..? osserviamo due Totò, due forme di
recitazione completamente diverse. Nelle scene del processo in tribunale (che coincidono
con la parte iniziale e finale del film), non girate da Rosselini, assistiamo a un Totò
più libero, privo da schemi impostati: è, senza dubbio, la parte più comica del film,
quella in cui Totò può dar sfogo al clown, alla marionetta degli esordi
dellavanspettacolo.
Totò ha inoltre, nel film, la possibilità di cantare tre accenni di canzoni che egli
stesso ha scritto: "Casa mia" cantata da Giacomo Rondinella in prigione;
"Uocchie ca me parlate" che Salvatore/Antonio De Curtis canta rivolto a
Maria/Franca Faldini, la donna che amerà fino alla fine dei suoi giorni, e "Me songo
nnammurato
chaggia fa" che dedica alla giovane Agnesina.
La parziale sconfitta del binomio Rossellini/Totò impedirà ai due collaborazioni in
successive pellicole: il maestro del neorealismo, che aveva abbandonato il set di
Dovè la libertà..? nel 52, lo ritroviamo lo stesso anno impegnato nella
regia teatrale dell "Otello" di Verdi, con la prima al San Carlo di
Napoli. Lanno successivo con Viaggio in Italia, girerà il terzo episodio della
"Trilogia della solitudine", che , stroncato in Italia, otterrà la massima
ammirazione dai critici dei Cahiers du Cinema. Totò, invece, dopo Rossellini,
collaborerà con Steno nella realizzazione di
Totò e le donne (1952)
|