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« Io amo il cinema perché con il cinema resto sempre a livello della realtà. E una specie di ideologia personale, di amore nel vivere dentro le cose, nella vita, nella realtà ». PIER PAOLO PASOLINI Pier Paolo Pasolini arriva a Roma agli inizi degli anni 50 dopo aver vissuto varie vicissitudini a Casarsa, luogo in cui fino a quel momento aveva lavorato come poeta prima e pittore poi. La sua è stata una vera e propria fuga dai problemi familiari, economici e di emarginazione legati alla sua omosessualità. A Roma entra in contatto con lambiente del cinema grazie a Mario Soldati. Dapprima lavora come attore-comparsa, poi come soggettista e sceneggiatore. Completamente impreparato tecnicamente, nel 1960 matura la decisione di diventare egli stesso regista: << Se mi sono deciso a fare dei film- afferma- è perché ho voluto farli così esattamente come scrivo delle poesie, come scrivo i romanzi>>.
Il suo bisogno nasce principalmente dallintenzione di voler parlare in un codice diverso: parte dalla consapevolezza della grande crisi storica, sociale e culturale del nostro paese e trova nel codice audiovisivo del cinema il mezzo migliore per poter esprimere poeticamente i suoi temi fondamentali.
Per Pasolini il cinema è strettamente legato alla realtà, ma ciò non deve essere inteso in senso naturalistico. Il suo cinema ha connivenze con la poesia e lastrazione tanto che lo definirà "cinema di Poesia". Egli, infatti, ci propone attraverso una <<sistemazione teorica subspecie semiologica del nuovo cinema in Italia>> , una distinzione sostanziale tra "cinema di prosa" che si identifica nel cinema classico, e "cinema di poesia" in cui lautore-regista svolge un ruolo predominante, esibendo i propri mezzi stilistici. Alla luce di tutto questo, definisce il cinema "lingua scritta dellazione" poiché il regista a differenza dello scrittore non ha un dizionario al quale attingere e inevitabilmente per poter comunicare dovrà cogliere i segni della realtà che lo circonda. Ma cè di più: noi tutti viviamo immersi in un mondo in cui vi sono immagini significanti, quelle che Pasolini definisce im-segni, e compito del regista, quindi, è quello di cogliere i suoi im-segni dalla realtà.
Interessante è, in questottica, andare ad analizzare i criteri di scelta degli
attori del regista bolognese.
<<Lautore deve essere lunico protagonista con la sua poesia in forma di cinema e lo spettatore deve essere in grado di coglierla. In questo contesto Pasolini chiede ai propri attori non una collaborazione, ma un totale abbandono, di modo che possa plasmare le figure presenti nel film secondo la propria visione>>. Da ciò deriva che un attore professionista , essendo di fatto meno "plasmabile" in relazione alle scelte dellartista-poeta, mal si adatta al cinema di poesia.
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Un discorso a parte va certamente fatto per la scelta di Totò in Uccellacci e Uccellini (1965). Lo stesso Pasolini afferma: <<La mia ambizione era proprio quella di strappare Totò al codice, cioè decodificarlo. Qualera il codice attraverso cui si poteva interpretare Totò allora? Era il codice del comportamento dellinfimo borghese italiano, dellinfima borghesia portata alle sue estreme espressioni di volgarità e aggressività [..] Il mio Totò è quasi tenero e indifeso come un implume, è sempre pieno di dolcezza , di povertà fisica, direi, non fa le boccacce dietro a nessuno>>.
Pasolini realizza una vera e propria trasformazione di Totò-attore non senza polemiche. Totò, come uomo, risultava un piccolo borghese, ma come artista era inscindibile dalla cultura napoletana sottoproletaria. Egli portava in scena una sorta di cliché di se stesso, il clown, la maschera. Ed è stata proprio questa doppia natura di sottoproletario e insieme semplice clown ad aver spinto Pasolini alla scelta di Totò. Coerente alla sua visione del cinema, il regista bolognese, ha scelto Totò per come esattamente è, alla stessa maniera di come avrebbe preso un non professionista (elemento che è possibile rilevare nella scelta di Ninetto Davoli). <<Quindi quando dico Totò nella sua realtà intendo Totò nella sua realtà di uomo, e aggiungo anche di attore>>.
Totò attraverso la collaborazione con Pasolini, dimostra di essere un grande attore:
viene chiamato a un ruolo che riesce a svolgere con grande maestria; la stima reciproca
che si stabilisce tra attore e regista, farà si che dopo Uccellacci e Uccellini del 1965,
Totò torni a lavorare con Pasolini anche in altri due episodi, La terra vista dalla luna
e Che cosa sono le nuvole? rispettivamente relativi ai film
Le streghe e Capriccio
allitaliana nei quali interpreterà, ancora una volta, ruoli impegnativi e
problematici.
Subito dopo il gran successo di pubblico su scala internazionale de Il Vangelo secondo Matteo, nellAprile-Maggio del 1964 Pasolini ritorna allopera pubblicando, sul settimanale "Vie Nuove", un soggetto cinematografico strutturato in tre principali episodi, intitolati: LAigle, Faucons et Moineaux e le Corbeau. Si tratta di tre favole, ognuna con un tema diverso. LAigle racconta di un domatore francese (Monsieur Courneau) che cerca di ammaestrare unaquila senza riuscirvi: la chiave di lettura di tale episodio è da ricercare nelle critiche che precedentemente erano state mosse, al Vangelo, da Michel Cournot, intellettuale francese e critico della Nouvelle Vague. Nellepisodio Cournot è il domatore esasperato e, laquila è il "Terzo mondo", lirrazionalità che non si lascia "civilizzare" dallintellettuale laico, convinto che tutto ciò che è difforme debba essere assimilato in relazione ai propri parametri. In LAigle, Pasolini mette a confronto la razionalità e la magia, elementi che si traducono nellincontro-scontro tra la cultura moderna e la cultura "preistorica" del Terzo mondo. Come afferma Serafino Murri, Pasolini in questo periodo <<sembra essere mosso da un terzomondismo un po guevariano un po sartiano>>.
La presenza di Totò ha grande rilevanza nellintero film: da Pasolini viene utilizzato nei tre episodi come domatore-frate anziano e padre viandante.
Nei primi giorni di lavorazione di "Uccellacci" dilagava una perplessità reciproca tra Totò e Pasolini. Da un lato Totò, a riprese del film inoltrate, non riusciva a capire bene quali fossero le reali intenzioni dellautore, dall altro Pasolini faceva fatica a contenere la personalità dellattore dal quale non riceveva quel totale abbandono che richiedeva. La stima reciproca che legava i due fece sì che i lavori proseguissero senza intoppi: la situazione migliorò nel corso delle riprese e il film fu terminato.
Innocenti Totò e Innocenti Ninetto, padre e figlio, camminano lungo una desolata e anonima periferia. Entrano nel baretto di una stazione delle corriere. Totò beve qualcosa, Ninetto si scatena con alcuni ragazzi in un ballo moderno suonato dal juke-box. Se ne vanno. Davanti ad una casa è radunata una piccola folla dallaria mesta. Totò si ferma incuriosito a guardare. Ninetto va ad incontrare una ragazza, che trova vestita da angelo, mentre si sta preparando a una recita religiosa. Poi torna dal padre, insieme al quale assiste ad uno spettacolo terribile: vengono trasportati in quel momento fuori dalla casa i cadaveri di due coniugi, suicidi, si sussurra nella folla, per disperazione.
Listinto pedagogico spinge il corvo a raccontare un apologo cristiano-marxista: la storia di uccellacci e uccellini.
Secolo XIII. Campagna umbra. Totò e Ninetto sono frate Ciccillo e frate Ninetto. S. Francesco li incarica di evangelizzare gli uccelli. I due frati si incamminano e trovano per primi i falchi.Frate Ciccillo dopo vani tentativi, riesce a trovare finalmente il modo di comunicare con loro. I falchi lo capiscono. Poi tocca ai passeri. Saltellando nel loro linguaggio, Frate Ciccillo predica la pace e lamore.
La missione è compiuta ma allimprovviso un falco assale e uccide un passero sotto gli occhi increduli dei due fraticelli. Tornano da S. Francesco sconfitti e delusi ma il Santo, dopo averli incoraggiati, li invita a ritentare e a riprendere il cammino. Totò e Ninetto continuano a camminare e incontrano nuove avventure. Trasgrediscono le leggi della proprietà privata, assistono allo spettacolo di una troupe di saltimbanchi e, arrivati davanti a un povero casolare, Totò, per nulla impietosito dallo spettacolo di miseria che gli si presenta davanti, minaccia di sfratto i suoi poveri inquilini che da tempo non pagano laffitto. Subito dopo Totò e Ninetto giungono in una lussuosa villa per un colloquio con un ingegnere col quale i due hanno dei debiti. Anche qui lingegnere non si fa impietosire e gli aizza i cani contro.
Riprendono il cammino. Si allontanano di spalle lungo una strada bianca come nei finali delle comiche di Charlot. Uccellacci e uccellini sinserisce in una fase dell attività artistica di Pasolini che potremmo definire del "cinema ideologico", di cui avevamo avuto già prova ne Il Vangelo. Ma se in quello, lattenzione era concentrata sullideologia cristiana (predicatoria oseremmo dire), "Uccellacci" è permeato di ideologia politica, legata al malessere di Pasolini per una società destinata alla deriva. Tale concezione di cinema sinsinua in un periodo storico (la metà degli anni 60) che vede la nascita dei cosiddetti "film della crisi" legati alla scomparsa di Togliatti. Il "cinema ideologico" di Pasolini fa da ponte tra la fase del "cinema di borgata" (che comprende Accattone, Mamma Roma e La Ricotta) e la fase del "cinema del mito"(che va da Edipo Re a Medea).
Per Pasolini oramai sono passati i tempi in cui era possibile sperare in una rivoluzione e, "lentusiasmo civile per la resistenza antifascista è oramai solo un ricordo".
La morte di tali illusioni coincide, nel film, con i funerali di Palmiro Togliatti: la morte di quellideologia che il leader del P.C.I. rappresentava. Pasolini monta materiale di repertorio, proponendo quindi i volti realmente disperati di chi assistette alle cerimonie. Senza dubbio, lautore riesce a connotare di tragicità tale sequenza rendendola la parte più significativa e triste dellintero film.
Di certo il suo pessimismo (perché è di pessimismo che si deve parlare), non è un "pessimismo cosmico leopardiano": spera, in cuor suo, che si possa prima o poi attuare quella "rivoluzione delle coscienze" che permetterebbe di capovolgere la situazione di impasse nella quale la società del periodo pare essersi adagiata.
Alla luce di tutto ciò, quindi, il regista bolognese arriva a Uccellacci e uccellini al termine di un processo ideologico individuale che lo vede ormai quasi rassegnato. Egli non può fare altro che constatare che la società che lo circonda è irrimediabilmente destinata ad assecondare il conformismo. Tema centrale quindi è la denuncia alla dilagante omologazione a cui si sta assistendo che produce in Pasolini non solo una crisi ideologica ma anche una crisi espressiva.
Ed è proprio su questo che si avvertono le principali conseguenze: per comunicare decide di scegliere la favola, <<che è astorica per definizione>>, quasi a volersi astrarre dal contesto, allontanare dalla realtà.
Pasolini cerca, attraverso il cinema di utilizzare un linguaggio (cinema che egli stesso definirà "linguaggio della realtà"), più legato allelemento visivo, più metaforico: che inevitabilmente paga dazio alla comprensibilità, ma che aggira lomologante lingua della borghesia. Ed è per questo che "Uccellacci" di primo acchitto sembra di difficile soluzione, così pregno di metafore, sostrati ideologici e sottili ironie.
I protagonisti di questa "incomunicabilità" sono i protagonisti del film:
Totò, Ninetto e il Corvo.
Ma i due protagonisti non hanno solo connotazioni negative, ma portano con sé un bagaglio di speranza: <<lirrefrenabile vitalità di Totò e Ninetto è la sola via possibile per uscire dallo stato dinerzia causato dalla predicazione ideologica affinché, nuovamente, fioriscano "i garofani rossi della speranza">>.
I
due hanno fisionomie opposte e al tempo stesso complementari, rimandano a due differenti
modi di essere e a due generazioni: il giovane e il vecchio, il romano e il napoletano, il
cittadino e il campagnolo. Il Corvo, invece, << viene da lontano, dal paese Ideologia, abitante nella città del futuro, in via Carlo Marx, al numero 70 volte 7, figlio del sig. Dubbio e della Sig.ra Coscienza>> . Ben presto ci rendiamo conto di come il Corvo possa essere considerato il protagonista implicito del film. E lintellettuale marxista, lincarnazione dellideologia, che sta attraversando una profonda crisi: una crisi che sta portando i sostenitori di tali ideologie a ripiegare in comportamenti sempre meno distinguibili da quelli dell "infima borghesia" a riprova della dilagante omologazione alla quale si sta assistendo. E possibile identificare nelle spoglie del Corvo lo stesso Pasolini e la sua ideologia, anche se egli cercò, già in fase di realizzazione, di prenderne le distanze: <<Dovevo staccare il marxismo del Corvo dal mio, [ ] doveva essere cosciente della crisi del marxismo ma con delle ragioni che non fossero strettamente le mie>>. Il Corvo è "cosciente" della sua fine e cerca di lanciare spunti per un ideologia che rinasca dalla fine del pensiero marxista ed è convinto al tempo stesso della sua "sconfitta pedagogica" nei confronti di Totò e Ninetto (elemento che ritroviamo in chiave metaforica anche nella sconfitta di frate Ciccillo nel suo tentativo di ammaestrare i falchi e i passeretti).
Il "racconto del Corvo", che è possibile considerare come il quinto mediometraggio di Pasolini, può essere interpretato, in chiave metaforica, come lanalisi del tema della lotta di classe, molto caro allautore. I falchi e i passeretti rappresentano gli sfruttatori e gli sfruttati: ma la connotazione favolistica del film porta, inevitabilmente a una semplificazione binaria del mondo con la distinzione dellesistenza nel creato di buoni e cattivi, oppressori e oppressi. Ma la denuncia vera e propria nei confronti della società classista che va sviluppandosi, Pasolini la realizza in alcune sequenze centrali del film: Totò dapprima è oppressore nei confronti di poveri contadini, impossibilitati a pagare laffitto e costretti a tenere a letto i propri figli poiché non possono dar loro da mangiare e, successivamente, è oppresso dai debiti con lingegnere e dai cani feroci dello stesso.
Il regista inserisce un nuovo concetto della lotta di classe che abbraccia non solo la
dottrina marxista ma anche linduismo e il cattolicesimo. Nellepisodio del
proprietario pestato da Totò e Ninetto, Pasolini, attraverso le parole del Corvo
ribadisce il dogma dellabolizione della proprietà privata senza lutilizzo
della violenza: <<Bisogna sempre vincere con la non violenza, come Gandhi!,
conciliando la rivoluzione comunista e il Vangelo>>. Guardando il film in unaltra ottica, possiamo notare come si vengano a delineare due itinerari: quelli dei bisogni corporei e quelli degli aspetti fisici dellesistenza.
Il primo è un percorso che passa dalle feci alla fame e al sesso, il secondo va dalla nascita alla miseria alla morte. In Uccellacci lelemento della fisicità è ridondante, si esprime attraverso varie forme: dai dolori al ventre che spingono Totò e Ninetto a defecare, al parto "in diretta" dellattrice durante lo spettacolo, allaggressione subita dai pastori tedeschi, fino ad arrivare ai rapporti dei protagonisti con una prostituta e alluccisione del Corvo. <<Allastratto simbolismo delle parole del Corvo influenzate dallideologia si contrappone, limpellente materialità del corpo proletario schiavo delle sue necessità>>. Ma il viaggio dei protagonisti incrocia tantissimi altri elementi di forza metaforica: Totò e Ninetto percorrono una strada che simboleggia la loro vita, senza uno scopo, senza una destinazione. Il contesto che li circonda è semidistrutto: vi regnano le macerie, createsi in seguito al crollo delle ideologie, che non lasciano speranze di ricostruzione e di rinascita. Il cielo di tanto in tanto è solcato da aerei rumorosissimi a riprova del crescente e "omologante" progresso al quale si sta assistendo e, gli autobus vengono continuamente persi a simboleggiare lormai svanita possibilità di rivoluzione. Lungo le strade sterrate ritroviamo segnali impossibili (come Istanbul Km. 4.253 o Cuba Km. 13.257) attraverso i quali Pasolini fa sentire la presenza del Terzo Mondo e vie improbabili (come via Benito La lacrima Disoccupato o via Lillo Strappalenzuola scappato di casa a 12 anni) <<come lapidi alla memoria di personaggi che non ci sono più>>.
Con Uccellacci e Uccellini si chiude, per Pasolini, il sogno di poter parlare a tutti: adotta un linguaggio metaforico e al tempo stesso ironico,unironia che sinsinua nella narrazione stessa. Stilisticamente, il film rappresenta una vera e propria svolta nel cinema pasoliniano che fino a " Il Vangelo" era stato dominato da una mescolanza di elementi a volte anche contrastanti. <<In Uccellacci pervade lideologia, scompare il vezzo/vizio/virtù>>, che lascia spazio ad una surreale comicità. In molti tratti del film la lingua e lo stile che vengono adottati sono quelli del cinema muto classico: ricordiamo la lotta tra Totò e Ninetto e i contadini del campo o, ancora, la battaglia a torte in faccia. Per Pasolini la vera comicità è quella del cinema muto: quella di Chaplin e di Keaton. Totò gli permette, in questo senso, di recuperare tale comicità, essendo per lo stesso regista <<il più vigoroso tra i mimi comici>> .
Con Uccellacci prende avvio una proficua collaborazione del regista bolognese con Ennio Morricone, il quale musicò buona parte del film e collaborò per molti altri film successivi. Oltre a realizzare un blues rielaborò due opere mozartiane tratte dal "Flauto Magico" (duetto Papageno-Pamina e Aria di Sarastro) e la canzone partigiana di origine russa, "Fischia il vento".
Lopera di Pasolini ebbe parecchi problemi dal punto di vista giudiziario. La censura
ne vietò la visione ai minori di diciotto anni (solo in seguito si ebbe una riduzione del
decreto ai minori di quattordici). Ma la critica più veemente venne proprio da quella
sinistra italiana che non tollerò latteggiamento disfattista dellautore e che
portò a una completa rottura tra lo stesso Pasolini e il P.C.I.
Da molti definito film unico della cinematografia italiana,
Uccellacci e uccellini se
pecca di qualcosa pecca di complessità ideologica, come afferma lo stesso Pasolini:
<<Latroce amarezza dellideologia sottostante al film [
] ha finito
forse col prevalere e, evidentemente [
] tale amarezza mi ha impedito di vedere le
cose e gli uomini con lo sguardo allegro e leggero del perdono>>.
Già durante le riprese di
Uccellacci e Uccellini, Pasolini
pensa alla possibilità di una nuova collaborazione con la strana coppia Totò -
Ninetto Davoli. Nel suo episodio Pasolini è chiamato a trattare un argomento che potremmo definire inusuale per lui: la figura della donna-strega. Decide di rielaborare un racconto fiabesco intitolato Il buro e la bura al quale aggiunge un inizio e una fine. Il racconto narra di un uomo e di suo figlio che cercano una moglie/madre che si prenda cura di loro in sostituzione della precedente defunta.
Il regista bolognese comincia le riprese de La terra vista dalla luna nel Novembre del
1966 e avverte: <<si tratta di una favola surreale e comica [
] una storia
fuori dal tempo e come qualsiasi storia surreale, simparenta con la
stregoneria>>.
Ma i due si rendono conto di non poter fare a meno di una donna e decidono di trovarne unaltra che piaccia a entrambi. Per diversi motivi la vedova, la prostituta e il manichino, che incontrano successivamente, non soddisfano le loro aspettative. Solo in Assurdina Caì, una sordomuta, Ciancicato e Baciù trovano la moglie-madre ideale. Si celebra il matrimonio. Arrivati a casa Assurdina, da perfetta massaia trasforma una disordinata baracca in una bellissima casetta da fiaba. Ma Ciancicato e Baciù non si accontentano e desiderano una casa più accogliente e spaziosa pur non avendo i soldi è per acquistarla.Allora organizzano un piano: Assurdina finge un tentativo di suicidio mentre padre e figlio cercano di impietosire i passanti e di raccogliere una colletta.
Ciancicato e Baciù piangono disperati, ma al ritorno alla baracca Assurdina è lì vestita da sposa che li attende. Assurdina, muta è silenziosa è morta, ma si comporta come se fosse viva: una moglie-madre perfetta.Tutto è come prima. Ciancicato e Baciù sono felici.<<Morale:- spiega la didascalia - essere vivi o essere morti è la stessa cosa>> <<Visto dalla luna, questo film che sintitola appunto La terra vista dalla luna non è niente e non è stato fatto da nessuno ma poiché siamo sulla terra sarà bene informare che si tratta di una fiaba scritta e diretta da un certo Pier Paolo Pasolini>>. In un primo momento, La terra vista della Luna, ci appare come la continuazione di Uccellacci e uccellini. Lasciati Totò e Ninetto, nel film precedente, lungo la strada, in un finale tutto chapliniano, li ritroviamo in vesti diverse in una società che potremmo definire inserita nel "dopo storia". Ma, ben presto, ci rendiamo conto che lelemento ideologico, che aveva caratterizzato gran parte di Uccellacci, qui viene tenuto maggiormente a bada, facendo in modo che rimanga nella penombra del racconto. Ma, sembra, che non vi riesca del tutto: in una sequenza dellepisodio, Totò/Ciancicato afferma: <<La vita è un sogno e gli ideali stanno qua (sotto la suola delle scarpe)>>. Alle prese con la "surrealtà" e con la "comicità", il regista bolognese aveva come primo obiettivo quello di formulare un nuovo linguaggio, "il linguaggio filmico", meno logico e comprensibile ma che al tempo stesso sfuggisse al "senso comune" e all interpretazione omologante. Alla stessa maniera di come avveniva in Uccellacci, in La terra vista dalla Luna vi è "incomunicabilità" tra i personaggi: emblematici sono, in tal senso, il mutismo di Assurdina e gli sforzi di Totò/Ciancicato, costretto a movimenti da marionetta, pur di farsi capire. Ma la vera grande novità del film è lutilizzo del colore. <<Proprio il colore, composto da tonalità accese ed evidenti contrasti, è la chiave espressiva dove risulta più evidente la sperimentazione pasoliniana>>.
Proprio lutilizzo delle tonalità accese, per primo comunica la connotazione favolistica dellepisodio. La folla grigia, che si accalca sotto il Colosseo quasi ad attendere il suicidio di Assurdina, rappresenta la società senza più individualità, uniformata dalla testa ai piedi. Lutilizzo dei colori richiama lespressionismo che ha contraddistinto buona parte del cinema dellautore bolognese e che raggiunge qui la sua massima espressione.
Il contesto in cui i personaggi si muovono è caratterizzato da <<paesaggi cromaticamente assurdi>> quasi completamente deserti e privi della presenza umana. Totò/Ciancicato e Ninetto/Baciù vivono in un mondo che si potrebbe definire un "Terzo Mondo" allinterno delloccidente. Pasolini si riferisce a quel Terzo mondo culturale, rappresentato dalla massa che è inconsapevole della sua sorte. Questa visione è arricchita dalla presenza di due turisti pronti a fotografare ogni aspetto dello squallore che li circonda: rappresentano la società dei consumi, lindustria culturale di massa.
I due turisti causeranno la morte/non morte di Assurdina con la loro sete di scatti.
In unaltra ottica, Pasolini analizza e discute, nel film, la condizione della donna in una società siffatta. Assurdina rappresenta il vero e proprio desiderio maschilista in persona:una donna bella, brava nelle faccende di casa, che sappia cucinare e che, perdipiù, non dica nulla.
E, quindi, non è importante che sia viva o morta, ciò che
conta è che continui a svolgere i suoi compiti di brava moglie/madre. Tale affermazione,tratta dalla filosofia indiana, non vuole essere solo e semplicemente critica e pessimistica, ma nasconde unesortazione da parte dello stesso Pasolini: bisogna ricominciare a comunicare, innalzare gli ideali e le ideologie che stanno <<sotto le suole delle scarpe>>, <<essere lunari quel tanto che basta per prendere le distanze dai tentacoli mostruosi del nonsenso sociale e dei suoi schematismi da marionette>>. Senza dubbio in La terra vista dalla luna Pasolini si rifà, ancora più scopertamente di quanto non fosse avvenuto in Uccellacci e Uccellini, al cinema muto di Chaplin. In questo episodio fa ancora più utilizzo, rispetto al precedente, delle immagini accelerate e delle gag clownistiche di Totò: il suo sembra un vero e proprio omaggio a Charlot. Nonostante la centralità del ruolo della Mangano, Totò può essere considerato il protagonista del film: egli reindossa i panni del clown sfruttando la comicità che aveva contraddistinto le sue origini artistiche e, a distanza di anni, pare non essere affatto a disagio.
La terra vista dalla luna fu girato quando Pasolini già stava lavorando all Edipo Re e ancora una volta, come già era successo per Uccellacci, fu vietato ai minori di diciotto anni. Tornato dal Marocco, Pasolini, ritornerà ancora a lavorare con la coppia Totò/Ninetto per laltro episodio in programma: Che cosa sono le nuvole?
Al film prendono parte vari registi di spessore come: Steno nellepisodio Il mostro della Domenica, Bolognini in Perché e La gelosa, Monicelli ne La bambinaia e Zac in Viaggio di lavoro. Pasolini girò il suo cortometraggio nellarco di una settimana, utilizzando oltre al duo Totò/Ninetto, attori come Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, Laura Betti, Adriana Asti e lamico-scrittore Francesco Leonetti.
Tutto si svolge allinterno di un teatro, prima della messa in scena dell Otello di Shakespeare: alle pareti sono affissi i quattro manifesti degli spettacoli in programma, si tratta, in realtà, dei quattro titoli dei progetti di film comici che Pasolini ha in mente in quel periodo che campeggiano su altrettanti capolavori di Velasquez. Sulla locandina che riproduce "Il nano don Diego de Acedo detto El Primo" è presente il titolo: La terra vista dalla Luna; sulla riproduzione de "Il principe Baltasar Carlos con un nano", il titolo Mandolini (film che avrebbe dovuto contenere una serie di sketch comici interpretati da Totò e Ninetto); e infine, sul manifesto che ritrae il "Filippo IV", il titolo "Le avventure del Re Magio randagio e il suo schiavetto Schiaffo" (che si trasformerà negli anni successivi nel progetto del "Porno-Teo-Colossal"). Il cartellone de La terra vista dalla luna giace a terra, strappato, a indicare uno spettacolo che ha già avuto luogo. <<Prossimamente>> e <<Domani>> annunciano rispettivamente Mandolini e Re Magio Randagio. Escludendo La terra vista dalla luna nessuno di questi progetti di pellicole comiche fu realizzato: solo Sergio Citti nel 1996 realizzerà "I Re Magi randagi".
Quindi notiamo, come lopera di Velasquez si leghi alla "rappresentazione nella rappresentazione" dellOtello di Shakespeare che propone Pasolini. Detto questo, ecco la storia del film.
In uno scalcinato teatrino di periferia va in scena lOtello di Shakespeare recitato dai burattini. Lazione è incentrata sulla gelosia di Otello provocata ad arte dal malvagio Jago, il suo cattivo consigliere. Fuori scena il burattino Otello, che è appena nato (è stato appena costruito) e non conosce ancora il mondo, poco convinto del suo ruolo, chiede spiegazioni al burattino Jago, che gli risponde: <<Siamo in un sogno dentro un sogno>>. La vicenda si sviluppa in scena come nella tragedia shkespeariana.
Quando Otello, costretto dal suo destino di burattino-attore e dallodio ce deve per forza recitare, sta per uccidere Desdemona, gli spettatori non trattengono la loro ira e, per salvare la povera fanciulla innocente, saltano sul palcoscenico e lo ammazzano insieme al malvagio Jago. Nello sgabuzzino-camerino gli altri burattini piangono addolorati la morte dei loro compagni. Arriva limmondezzaro, carica sul suo camion i due burattini-cadaveri, li trasporta alla discarica e li butta via. Nel mondo reale i due burattini si rendono conto della <<straziante, meravigliosa bellezza del creato!>>
Con Che cosa sono le nuvole?, Pasolini decide di abbandonare definitivamente la trattazione ideologica (seppur in alcuni casi ceda alla tentazione), che già abbondantemente è stata utilizzata in Uccellacci prima e, in toni più sommessi in La terra vista dalla luna poi, lasciandosi andare alla pura creazione poetica.
Sembra che sia spinto da una forza sovrannaturale che lo spinge a dire parole e a fare gesti che non condivide e che anzi egli stesso respinge. Ben presto Otello, con laiuto di Jago, si rende conto di non vivere nella realtà ma in una rappresentazione di essa in cui tutti gli altri burattini, come lui, sono costretti a svolgere azioni decise da qualcun altro per loro.
Inevitabilmente, vivendo in un "mondo nel mondo", gli stessi protagonisti hanno a che fare con due Dei: un Dio-marionettista che "regge le fila della rappresentazione" e che risponde alle domande con il "forse" e un Dio-autore che, seppur interpretato da Francesco Leonetti (lo stesso che aveva dato voce al corvo di Uccellacci), sidentifica nello stesso Pasolini. Infine vi è limmondezzaro (interpretato da Domenico Modugno) Caronte di anime-inanimate traghettate al mondo reale. Lunica maniera per poter assaporare la "straziante meravigliosa bellezza del creato" è quella di morire per poter rinascere, ma solo per pochi attimi, quegli attimi che permettono a Jago e Otello di scoprire le nuvole. "Otello- Iiiiiih, che so quelle? Jago- Sono sono le nuvole Otello- E che so le nuvole? Jago- Boh! Otello- Quanto so belle! Quanto so belle! Jago- Oh, straziante meravigliosa bellezza del creato!" E poi cè il pubblico che decide di venir fuori dal suo ruolo e intervenire sulla scena per evitare che la tragedia si compia, regalando alla rappresentazione un finale diverso da quello che Shakespeare aveva pensato. Irrompe sul palco, impedisce a Otello di uccidere Desdemona, e dopo aver eliminato Jago e Otello, porta in trionfo Cassio. Rileviamo qui una doppia citazione di Pasolini, una riferita alle sceneggiate a cui il pubblico prendeva spesso vivacemente parte e laltra a Don Chisciotte che, per correre in aiuto del valoroso Don Gaiferos, salì sul palcoscenico per fare strage di burattini.
Quindi, i personaggi di Che cosa sono le nuvole?, seppur marionette, sono in grado di provare emozioni alla stessa maniera degli esseri umani: hanno paura quando vengono trasportati alla discarica, piangono quando qualcuno di loro muore,rimangono estasiati dalla bellezza del mondo reale. Non hanno urgenti bisogni fisici come i personaggi delle due pellicole precedenti, ma bisogni morali. Ma se i nostri attori vivono una rappresentazione nella rappresentazione (o in un "sogno nel sogno" come afferma Jago-Totò), se hanno due Dei ai quali rivolgersi, allora vivono una doppia vita e una doppia morte al tempo stesso. Ed è qui che ritroviamo, forse con maggiore evidenza, la dicotomia vita-morte, già analizzata in La terra vista dalla luna.
Lo stesso Pasolini, obbligato a indicare i rapporti che legano i due episodi afferma che, oltre allo stile comico-picareso che contraddistingue entrambi, un punto fondamentale dincontro è quello che riguarda la definizione de "lideologia della morte": <<Quellideologia che fa corpo con linesplicabile mistero della vita, di quella disperata vitalità che assume valore e significato solo grazie al mistero del suo avere fine>>. In questottica Pasolini ritrae la vita come un viaggio senza senso e la morte come nascita, come recupero del senso della vita.
Ma cè un altro aspetto che lega Che cosa sono le nuvole? al cortometraggio precedente, ed è lutilizzo del colore: la stranezza cromatica contraddistingue anche questultima opera del regista bolognese. Jago, completamente colorato di verde dimostra la falsità dei personaggi nel loro non essere umani. Sicuramente il colore (utilizzato con la sapienza degli artisti) ha permesso a Pasolini dincrementare lespressività dei suoi film.
Pasolini dopo questo episodio per i suoi film successivi è pronto a dar vita a una vera e propria rivoluzione linguistica, che avrà inizio con la poetica dellimmagine, <<sciolta dai legami logici, sbilanciata sul versante delle pure emozioni>>.
Il suo primo tentativo sarà Edipo Re, film che aveva già cominciato a girare in
contemporanea con lepisodio trattato.
Totò, quindi, non farà mai in tempo a vedere il suo ultimo lavoro: <<La morte del burattino Jago si sovrappone a quella del principe dei comici: entrambi abbandonano le assi del palcoscenico, i fili tagliati da una Parca crudele>>. La morte di Totò interrompe, quindi, quel rapporto di collaborazione con Pasolini che finalmente aveva intrapreso i binari giusti. Egli era entusiasta del lavoro che stava svolgendo, proprio perché Pasolini gli permetteva di recuperare quella comicità dei primordi, quella del clown e del burattino. Alla luce di questo Pasolini abbandona definitivamente lambito grottesco-picaresco e, Che cosa sono le nuvole? rimarrà lultimo episodio del ciclo comico da egli stesso progettato. >>articolo correlato: Totò visto da Pier Paolo Pasolini<< >>articolo correlato: Totò biografia-L'ultimo incontro<<
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