Capriccio all'italiana

La bambinaia

Che cosa sono le nuvole

Che cosa sono le nuvole Che cosa sono le nuvole
Che cosa sono le nuvole Che cosa sono le nuvole
Che cosa sono le nuvole Che cosa sono le nuvole
Che cosa sono le nuvole Il mostro della domenica
Il mostro della domenica La gelosia
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Film a colori durata 79 min. -  Incasso Lit. 189.000.000 (valore attuale € 2.257.231,40) - Spettatori 581.470     English version

"Capriccio all'italiana" 1968 di Steno e Pier Paolo Pasolini, Mauro Bolognini (due episodi), Pino Zac, Mario Monicelli; per l'episodio con Totò, "Il mostro della domenica" regia di Steno; soggetto e sceneggiatura Steno, Roberto Gianvitii; per l'episodio con Totò "Che cosa sono le nuvole" regia e sceneggiatura Pier Paolo Pasolini, Produttore Dino De Laurentiis Cinematografica in technicolor, Direttore della fotografia Silvano Ippoliti, Tonino Delli Colli, Musiche Ricky Gianco, Domenico Modugno, Montaggio Adriana Novelli, Nino Baragli, Sceneggiatore Mario Garbuglia, Direttore di Produzione Giorgio Morra e Giorgio Adriani, Aiuto Regista Sergio Citti.

Interpreti epis. "Il mostro della domenica": Totò (il mostro), Regina Seiger (la moglie), Ugo D'Alessio (il commissario), Dante Maggio (il brigadiere).

Interpreti epis. "Che cosa sono le nuvole": Totò (Iago), Ninetto Davoli (Otello), Franco Franchi (Cassio), Ciccio Ingrassia (Rodrigo), Laura Betti (Desdemona), Domenico Modugno (netturbino), Adriana Asti (Bianca), Carlo Pisacane (Braganzio), Francesco Leonetti (burattinaio).

Interpreti altri episodi: Walter Chiari (Paolo - la gelosa), Ira Füstenberg (Silvana - la gelosa), Silvana Mangano (moglie dell'autista, la regina, la bambinaia), Renzo Marignano (autista, principe consorte), Sandro Merli, Regina Seiffert, Piero Morgia, Mario Cipriani, Luigi Barbini, Francesco Leonetti.

Trama: Film in sei episodi. Che cosa sono le nuvole è per la regia di Pier Paolo Pasolini. Totò è una marionetta dipinta di verde che viene gettata in una discarica insieme con una seconda marionetta (Ninetto Davoli) al termine di una rappresentazione teatrale. Riusciranno comunque a trovare una ragione per tutto guardando un cielo straordinariamente magico. Sempre Totò nel Mostro della domenica per la regia di Steno: Antonio De Curtis è un mostro ossessionato dai capelloni; Renzo Marignano e Silvana Mangano in Perché regia di Mauro Bolognini: storia di due giovani ossessionati dai sorpassi in macchina; Viaggio di lavoro regia di Pino Zac e Franco Rossi con una Silvana Mangano regina che in una visita di Stato all'estero sbaglia un discorso ufficiale; sempre la Mangano è protagonista anche di La bambinaia, regia di Mario Monicelli: bambinaia acerrima nemica dei fumetti, con il pallino delle favole di Perrault che racconta in continuazione ottenendo effetti ancora peggiori con storie di lupi e orsi cattivi; La gelosia, regia di Mauro Bolognini con Ira Füstenberg e Walter Chiari: una moglie certa che il marito la tradisca lo segue per ucciderlo. Ma l'uomo va solamente dal sarto a provare un vestito.

 

 

 

Film completo: Capriccio all'italiana

Critica: Negli anni Sessanta, il film a episodi era piuttosto di moda. Super cast ed alcune perle come la partecipazione di Pier Paolo Pasolini per raccontare vizi e virtù degli italiani.

Qualche momento pieno di poesia come appunto nell'episodio Che cosa sono le nuvole, da non perdere.

Viaggio di lavoro firmato da Pino Zac in realtà è stato diretto da Franco Rossi. Zac ne realizzò solamente le animazioni.

Totò da accostumato e stravagante conformista ha modo di far vedere le sue sperimentate "macchiette", non di più. Il regista è quasi assente, si è solo adoperato a aiutarlo con un canovaccio più attuale.

E il "Capriccio" è divertente per merito e per colpa del comico così sfacciatamente esibito a tirare avanti con gli occhi chiusi. Alfonso Gatto, Vie Nuove, Roma 30 maggio 1968.

Il mostro della domenica. Una banale e debole satira sceneggiata e recitata sulla falsariga degli sketch televisivi interpretati da Totò, del tipo "Il tuttofare", "Don Giovannino" e soprattutto "Totò yè yè", tutti del 1967. L'episodio, che si conclude con Totò che inserisce una lunga forbice nella fondina ed esibisce una targhetta con su scritto "KO7 con licenza di rapare", si riduce ad una barzelletta sceneggiata senza vita, con Totò vestito da prete, da prostituta e da viveur, che adesca giovani capelloni per raparli a zero.

Scontate e deboli le trovate comiche, tra cui quella di Totò che spruzza il DDT sui giovani capelloni. Un solo gioco linguistico, con mi era parvo in luogo di mi era parso e la celebre espressione tomo tomo, cacchio cacchio.

Totò appare in tutta la sua implacabile spietatezza con un volto decrepito, corroso dalle rughe, con delle grosse borse sotto gli occhi, un volto stanco, forse malato, ma la voce, la recitazione, il modo di dire le battute sono sempre gli stessi, inalterati ed efficaci, il segno di un mestiere che ha assorbito "secoli" di teatro, di cinema, di spettacolo, di umana saggezza.

Il grande clown, con tutta la sua stanchezza, ormai quasi completamente cieco, riesce come sempre ad incantare con la sua recitazione semplice, lineare, garbata, basata sui dettagli più marginali, che fanno il risultato finale. La chiusura del modesto episodio, con il commissario (il bravissimo Ugo D' Alessio) che non solo lascia libero il "mostro", ma gli consegna anche suo figlio per farlo rapare, sancisce la definitiva mediocrità di quanto viene rappresentato.

Che cosa sono le nuvole. Incredibile gioco del caso, che ha voluto Totò nella sua ultima interpretazione nel ruolo di una marionetta umanizzata. Così come era dunque nato al teatro egli muore al cinema e non avrebbe potuto lasciare un "testamento" di più alto valore poetico. Questo racconto misterioso e affascinante di Pasolini, che conclude la trilogia con Totò è di difficile interpretazione, per la complessa rete di rimandi e di intrecci poetici e stilistici.

Potrebbe essere: un apologo sulla morte, sulla vita, sul potere ingannatore dell'arte, sui diritti dei popoli a non più subire l'ipnosi del bello, che educa alla passività; una diagnosi sui danni devastanti provocati da una rivoluzione che può distruggere anche i valori più alti su cui si fonda la convivenza civile; un monito sui rischi dell'ignoranza; un inno straziante sulla distrazione dilagante, che impedisce di vedere la straordinaria bellezza della natura violentata dal consumismo; un lamento elegiaco sulla disumanizzazione del mondo, che riduce gli uomini a marionette e le marionette ad uomini; insomma, quanto più si coglie la profondità del messaggio, tanto più ci si accorge che ogni sua interpretazione è parziale e riduttiva.

Pasolini costruisce un pezzo di virtuosismo poetico eccezionale, portando pienamente alla luce il volto di Totò: surreale, astratto, ma sempre legato ad una dimensione di profondo lirismo; malinconico, come quello di tutti i grandi clown apparentemente ridicolo, ma insieme sempre profondamente triste. L'apologo si consuma nella cornice surreale e pirandelliana del racconto, con la splendida canzone composta e cantata da Domenico Modugno, che accompagna il destino delle povere marionette umane, fino a quando saranno rovesciate nella disca rica dell'immondizia, come esseri ormai non più utilizzati.

Il netturbino Modugno, che carica nel suo camion quei corpi inanimati fatti a pezzi dal popolo che non ha capito o non ha sopportato il sottile gioco della finzione artistica, e poi li rovescia tra l'immondizia di una  periferia, sembrerebbe Dio, che con la sua indifferenza e lontananza dalle vicende e dalle sofferenze umane, elimina quello che ha creato.

 

 

Su quel teatrino assurdo dove si sta recitando l'Otello, la vita si esprime e condiziona gli attori-marionette, che, come i sei personaggi pirandelliani, escono dal testo per parlare di se, fino alla frase che sembrerebbe tutto spiegare e ricomporre: "Siamo in un sogno dentro un sogno", alla domanda: "Che cos'è la verità?" e alla spiegazione psicanalitica del burattinaio, che, di fronte al comportamento incomprensibile di Desdemona, afferma risoluto: "A Desdemona piace essere ammazzata".

Totò, vestito e truccato da marionetta e da clown, recita la parte di uno Jago odioso, che però porta alla luce e rivela i suoi piani, senza paura ne pudore. È una maschera da clown che non è più Augusto, ma un triste clown bianco, lunare e buffo, anche antipatico, che non ha rinunciato ai sui tipici gesti, quelli di sempre (per esempio il portare in avanti la bocca con le labbra chiuse, mosse ripetutamente e accompagnate dalla parola "mosca", per dire "silenzio assoluto").

Questo spettacolo della vita e delle passioni, esibito come fosse una sceneggiata napoletana, bruscamente interrotto dal pubblico, ha il suo triste ed elegiaco epilogo con le due marionette, quella di Totò-Jago e quella di Otello-Ninetto Davoli, ormai accomunati nella stessa fine, che, immersi nell'immondizia, nonostante il loro così amaro destino, hanno il coraggio e la forza di guardare in alto, verso il cielo.

Il film si conclude con la frase di Totò, che à anche l'ultima, nell'ultimo fotogramma della sua vita di attore: "Straziante, meravigliosa bellezza del creato".  >Articolo correlato 3.3 Che cosa sono le nuvole<

Tratto da "Totò principe clown" di Ennio Bìspuri per gentile concessione


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