Totò, Peppino e le fanatiche

 

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Film in B/N durata 90 min.  -  Incasso lire 3.481.158.000  (valore attuale € 9.297.520,66)  Spettatori 2.560.000   Video-clip 50 sec.

"Totò, Peppino e le fanatiche" 1958 di Mario Mattoli. Soggetto: Age, Furio Scarpelli; Sceneggiatura Age, Furio Scarpelli, Steno, Ruggero Maccari; Produttore Isidoro Broggi e Renato Libassi per D.D.L., Direttore della fotografia Anchise Brizzi, Musiche Michele Cozzoli, Montaggio Gisa Radicchi Levi, Sceneggiatore Alberto Boccianti, Direttore di produzione Alberto Laurenti, Fonico Franco Gropponi.

Interpreti: Totò (cavalier Antonio Vignarello), Peppino De Filippo (Peppino Caprioli), Johnny Dorelli (figlio di Caprioli), Alessandra Panaro (figlia di Vignarello), Aroldo Tieri (lo pisichiatra), Mario Riva (il capufficio), Renato Carosone e il suo complesso, Rosalia Maggio (moglie di Vignarello), Diana Dei (moglie del capufficio), Elena Borgo (moglie di Caprioli), Enzo Garinei (il giornalista), Peppino De Martino (Giovanni), Benedetta Rutili (cugina di Giovanni), Edda Ferronao (Brigitte), Yvette Masson (Trude), Fanfulla (Giacinti l'organizzazione della beneficenza), Totò Mignone (aiuto di Giacinti), Nadia Biachi (Marietta), Giacomo Furia (cugino di Giovanni).

Trama: Finiti in manicomio il cavalier Antonio Vignarello e il ragionier Caprioli raccontano al direttore le esasperanti peripezie che gli procurano gli atteggiamenti fanatici delle loro rispettive famiglie. Il direttore si mostra convinto e comprensivo e alla prima occasione libera i due e ne ricovera i congiunti.

 

 

Film completo: Totò, Peppino e le fanatiche

Critica: Totò, Peppino e le fanatiche comunque, non è peggiore degli altri film della lunga serie, quattro risate le fa fare e il resto non conta. Nel resto sono compresi l'insipienza del soggetto, la pochezza della sceneggiatura, la scarsa fantasia del regista. "Corriere d'Informazione", Milano, 23 agosto 1958

 

Soltanto la vena dei due comici (che peccato vederli scadere così giorno per giorno dalla simpatia del pubblico) riesce a strappare qualche risata. Gli altri interpreti sbraitano nei vari dialetti della penisola assordando gli spettatori. "Corriere lombardo", Milano, 23 agosto 1958.

 

È un film praticamente senza trama, centrato sulla satira della famiglia tradizionale e di tutti i suoi luoghi comuni, che era stata già rappresentata in "Totò e le donne" e in "Totò cerca pace". Il film potrebbe avere avuto una diretta filiazione da una sequenza del precedente "Totò, Vittorio e la dottoressa", quando Totò entra in varie camere dove sono ricoverati alcuni pazzi che fanno delle stranezze. Pur mantenendosi su uno standard dignitoso di farsa e di commedia popolare, questo film permette di studiare il meccanismo comico costituito dalla coppia de Curtis/Peppino De Filippo, ormai ben collaudata dai cinque film precedenti.

 

Al di là delle macchiette e del carattere ben disegnato, nella recitazione di de Curtis affiorano tratti realistici talora molto evidenti, soprattutto nelle scene in ufficio e nelle scene in cui i due cercano di vendere i biglietti di beneficenza. Mentre il primo tempo privilegia gli sketches satirici (scontro delle macchine sull'autostrada, polemica contro le mogli, "avventura" abortita con le due tedesche, primi interni nel manicomio) il secondo tempo si sviluppa in modo più realistico, con l'organizzazione della festa di beneficenza, che culmina con un vero e proprio gioiello: l'esibizione di Totò e Peppino (Papy e Tony) vestiti da clown,  che agiscono in palcoscenico per quattro minuti, con numeri veri e propri di circo, con relative martellate in testa, salti, secchi d'acqua sul viso, cadute, suonate di trombone ecc.

 

Questa sequenza, eccezionale per la sua pregnanza, mette in evidenza in forma esplicita il meccanismo comico che abbiamo individuato nella coppia, costituita appunto dal clown Augusto/Totò e dal clown bianco/Peppino, sempre destinato, nella sua impassibile serietà, a subire tutte le angherie possibili derivate dal comportamento incosciente e confusionario dell'altro.

 

Così quando ritorniamo all'interno del manicomio la situazione e il rapporto tra i due viene letto in filigrana come quello tra due clown, come quando Totò rompe l'uovo sulla testa di Peppino o lo prende in giro davanti al dottore o lo schiaffeggia apertamente per la strada.
Essendo privo di uno sviluppo vero e proprio e di un intreccio oltre la solita melensa storia da fotoromanzo tra i rispettivi figli dei protagonisti che finiscono con l'innamorarsi, il film è un collage di sketches a due (Totò/Peppino) o a tre (Totò, Peppino e Aroldo Tieri) di indubbia forza comica e privi di vere esagerazioni.

 

Esilarante è la vendita reciproca che i due fanno di cinque biglietti di beneficenza, mentre non mancano alcune situazioni ricorrenti, quali il parlarsi al telefono uno accanto all'altro senza riconoscersi (già in "Totò, Peppino e i fuorilegge" e in "Totò, Vittorio e la dottoressa"), il rimanere chiusi con la testa tra lo stipite della porta, o battute del tipo Non è commendatore? Ma come, non l'hanno fatta ancora commendatore?, Lei è ridicolo. S'informi, o il solito scambio di parole, come bitte per bitter, Maria per mania.
La telefonata nella quale il medico/Aroldo Tieri ripete all'infinito "sì, contessa..." sarà poi plagiata al dettaglio ne "Lo smemorato di Collegno" da Nino Taranto che ripeterà, allo stesso modo, "Sì, principessa".

Tratto da "Totò principe clown" di Ennio Bìspuri per gentile concessione


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