Totò, Fabrizi e i giovani d'oggi

 

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Film in B/N durata 91 min.  -  Incasso lire 460.000.000  (valore attuale € 9.814.049,58)  Spettatori 2.747.915     English version

"Totò, Fabrizi e i giovani d'oggi" 1960 di Mario Mattoli. Soggetto e Sceneggiatura Castellano, Pipolo. Produttore Isidoro Broggi e Renato Libassi per D.L.L., Direttore della fotografia Alvaro Mancori, Musiche Gianni Ferrio, Montaggio Gisa Radicchi Levi, Sceneggiatore Alberto Boccianti, Direttore di produzione Romolo Laurenti, Aiuto regista Gabriele Palmieri, Fonico Franco Gropponi.

Interpreti: Totò (il cavalier Antonio Cocozza), Aldo Fabrizi (Giuseppe D'Amore), Christine Kaufmann (Gabriella), Rina Morelli (Teresa), Franca Marzi (Matilde), Geronimo Meynier (Carlo), Angela Luce (Angela), Luigi Pavese (commendator La Sarda), Carlo Pisacane (il nonno), Serena Verdirosi (sorellina di Carlo), Liana Del Balzo (zia di Gabriella), Esther Carloni (altra zia), Lella Fabrizi (l'ostessa), Nando Angelini (commesso), Mimmo Poli (tassinaro), Oreste Lionello (uno studente), Ughetto Bertucci (tipografo), Antonio Acqua (l'uomo che mangia i cannoli), Salvo Libassi (Rigolini).

Trama: Carlo e Gabriella conosciutosi in piscina decidono di sposarsi malgrado l'incompatibilità tra il padre di lei (Cocozza), pasticciere, e quello di lui (D'Amore), statale. I due giovani per affrettare le nozze fingono di fuggire e di essere in attesa di un bambino. Ma il giorno delle nozze, gli abiti dei due consuoceri vengono scambiati, e dopo l'ennesimo contrasto si recano in chiesa per ritirare il loro consenso alle nozze, ma giunti in ritardo trovano i giovani già sposati.

 

 

Film completo: Totò, Fabrizi e i giovani d'oggi

Critica: Nessuno ha mai pensato che Mario Mattòli facesse un bel film, neppure Mario Mattòli. Perciò non siamo meravigliati di vedere il solito Totò e il solito Fabrizi invischiati in una scombinata storiella dove le battute sono per metà incomprensibili dato che tutti in scena fanno a gara a chi grida di più. L'Avanti, Roma, 20 agosto 1960.

La trama è il pretesto per consentire lo scontro verbale, spesso arguto, tra i due grandi attori. Si ride alla loro mimica, e per il dialogo, sempre vivo e divertente. Totò e Fabrizi sono impegnati a fondo e dispensano a piene mani la loro carica comica. Corriere Lombardo, Milano, 20 agosto 1960.

 

Il film, che rientra nello schema della commedia-farsa, ripropone ancora una volta una vicenda in cui i due grandissimi attori si contrastano senza tregua. La coppia funziona anche questa volta alla perfezione, fornendo una prova di bravura eccezionale, con una recitazione nella quale vanno a confluire tutti i tratti della satira, della commedia e della farsa, sempre sviluppati in un ambito di composto realismo, che qualche volta, soprattutto nel caso di de Curtis, arriva a toccare anche un livello di recitazione astratta, metafisica e surreale.


Totò interpreta un ruolo già visto in "Totò e i re di Roma", "Sette ore di guai", "Totò e le donne", "Una di quelle", "Totò cerca pace" e "I tartassati", un ruolo cioè in cui emerge, con sfumature, differenze ed eccezioni, il volto del "piccolo borghese" con una famiglia sulle spalle, più o meno assillato dal denaro e con una moglie autoritaria.

 

Ancora una volta, e soprattutto in questi ruoli, emerge con chiarezza il volto del clown Augusto Totò, che trova il suo giusto contrappunto nel clown bianco che è il grandissimo Aldo Fabrizi.

 

Il film apre degli squarci interessanti, sempre risolti in chiave "leggera", sul vissuto dei due protagonisti e sui ceti medi emergenti nell'Italia all'inizio degli anni '60, dove ancora si riutilizzano vecchi cappotti e al ristorante si ordinano dei "brodini" per risparmiare, ma dove anche si comprano appartamenti per i figli e si tentano speculazioni con partite di panettoni per i Ministeri.

 

I duetti de Curtis-Fabrizi sono tutti a un livello di eccezionale bravura recitativa: la scena al ristorante, che inizia con la parodia felice di "Mezzogiorno di fuoco" e termina con il litigio; quella delle "scuse" nel retrobottega della pasticceria, giocata con una bravura irresistibile di tempi, di pause e di perfezione recitativa e infine l'apoteosi assoluta della clownerie, che è la sequenza finale dello scambio dei tight prima del matrimonio, dove Totò, vestito con l'abito larghissimo di Fabrizi e il cilindro in testa, pronuncia la frase così io posso andare solo al circo equestre a fare il clown.

 

Tutte di spessore sono le battute, che non sono mai esagerate e non cercano l'effetto comico attraverso il solo bisticcio linguistico.

 

Dall'inizio alla fine del film Totò ripete è la somma che fa il totale, che di per se è un non-sense, ma serve a caratterizzare il personaggio-clown, che all'improvviso, senza alcun nesso con il nodo narrativo, esplode appellandosi ad una tautologia.
Notevole è il professore d'inglese, che legge con perfetto accento una poesia e poi si interrompe parlando uno stretto dialetto siciliano.

Esilarante la battuta demenziale di Totò, che, per convincere il futuro con suocero sull'alto lignaggio della figlia, afferma: suo figlio si piglia una Cocozza... e un domani va con una Cocozza sotto il braccio.

La voce di Nino Manfredi fuori campo, che fa da narratore in dialetto ciociaro, contribuisce ulteriomente a inserire la storia in un clima conviviale e garbato.

Tratto da "Totò principe clown" di Ennio Bìspuri per gentile concessione

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