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Alla fine della guerra mi capitò di fare il primo film comico della ripresa cinematografica italiana, con Totò. Lo facemmo io e Steno e si chiamava Fifa e arena, e era un film su un torero, il titolo già diceva tutto. Però quel film, che era diretto da Mattòli e che conteneva le gag più facili, ebbe un grandissimo successo, e suscitò l'interesse di moltissimi registi e sceneggiatori che capirono che Totò, oltre a essere un animale da teatro, era anche un animale da cinema. Cioè quei gesti che avevano una proporzione teatrale nell'immenso boccascena di un Sistina o di un Valle, lui li sapeva riproporre proporzionati, così come le mimiche e i movimenti degli occhi, alla inquadratura cinematografica.
Non erano sceneggiature difficili da fare, e lavorare con Totò era abbastanza facile, perché Totò era uno stimolatore, anzi bisognava frenarlo più che istigarlo, perché portava quella sua carica di teatro napoletano, di tempismo, e soprattutto quella sua maschera che delle volte non aveva bisogno delle parole, e soprattutto i suoi tempi meravigliosi.
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Si andava da Totò a raccontargli il soggetto, e Totò diceva sì, ma non è che si entusiasmasse mai perché dentro di se aveva una tale carica di trovate e di idee che il fatti di far ridere lo trovava come una professione per lui del tutto normale, far ridere era suo obbligo. Si parlava un po' con lui e dal soggetto si passava al trattamento, quindi a una sceneggiatura che lui infiorettava con battute.
I film nostri (dico nostri coinvolgendo anche i registi) erano film pure brutti, però avevano una carica di vitalità e un desiderio di comunicare, di scuotere, che li salvava. In Italia i critici allora ci trattavano molto male, perché sembrava che fosse facile fare dei film per Totò. Noi lo trovavamo effettivamente facile, perché eravamo sulla sua lunghezza d'onda. Totò forse meritava di più. E lo dimostrò il fatto che ha poi fatto i film di Monicelli e altri. Resta il fatto che Totò era sempre disponibile per una comunicazione franca, e diciamo pure un pochettino banale, ma la risata è fatta anche di piccole banalità, la risata è qualcosa di liberatorio che può esercitarsi anche su qualcosa di banale, perché la risata su qualcosa di più importante diventa una risata dovuta a satira, a ironia, e qualche cosa di più. Noi volevamo solamente far ridere. S'intende che Totò portava una complicità sua molto efficace.
Rivedendo i film di Totò, sento che è un'esperienza passata e irripetibile, abbastanza istruttiva, ma non utile. Istruttiva per capire certa mentalità e gusti del passato, ma non utile per costruirci niente. Oramai il mondo è cambiato molto. Certo salverei dei film di Totò, di quelli che ho fatto, per rivedermi per una serata questo mostro di bravura, come, mettiamo L'imperatore di Capri, che distruggeva tutto il mondo capre se attraverso una satira fortissima anche se condotta attraverso delle stupidaggini come il bagno collettivo o come l'appartamento della contessa Von Kamposanten addobbato come il funerale di una bambina. Forse L'imperatore di Capri, come operazione di costume nell'epoca in cui è uscito, è un film salvabile. In quel film l'idea di Totò cameriere all'Excelsior e trasformato in cliente la prendemmo dai classici, da Arlecchino servitore di due padroni.
E Totò vi fu veramente grande. Quei film erano ricchi di trovate e di gag che erano non sbrodolate ma concentrate. E fare due tempi ci obbligava a trovare qualcos'altro e di diverso per il secondo tempo. L'avaro ci servì, in quel film, per il primo tempo soltanto. Anche in Totò sceicco si può dire che ci sono due film in uno. In realtà in un film comico noi sapevamo che (contrariamente al teatro in cui la comica era in un atto ) se la sequenza comica non era in un film a servizio di un tema sociale o comunque particolare, o se il film non era la parodia di un qualche capolavoro, dovevamo ricorrere a due grosse sequenze di questo genere, una per il primo e una per il secondo tempo. A volte il legame era facile, a volte un esperto o uno spettatore avvertito di oggi, possono notare una discrepanza.
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