Totò lascia o raddoppia

 

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Film in B/N durata 85 min.  -  Incasso lire 376.000.000  (valore attuale € 9.814.049,58)  Spettatori 2.705.000   Video-clip 30 sec.

"Totò lascia o raddoppia" 1956 di Camillo Mastrocinque. Soggetto e Sceneggiatura Vittorio Metz, Marcello Marchesi. Produttore Ermanno Donati e Luigi Carpentieri per Athena Cinematograficaca Titanus,  Direttore della Fotografia Mario Fioretti, Musiche Lelio Luttazzi, Montaggio Roberto Cinquini, Sceneggiatore Saverio D'Eugenio, Direttore di Produzione Pietro Bigerna, Aiuto Regista Alfredo Angeli, Fonico Bruno Brunacci.

interpreti: Totò (Gagliardo della Forcoletta), Mike Bongiorno (se stesso), Dorian Gray (Helène), Valeria Moriconi (Elsa), Bruce Cabot (Nick Molise), Gabriele Tinti (Bruno), Carlo Croccolo (Camillo), Rosanna Schiaffino (Colomba), Edy Campagnoli (se stessa), Luigi Pavese (Anastasio), Vincent Barbi (amico di Nick), Rocco D'Assunta (Joe Taccola), Elio Pandolfini (un cameriere), Gisella Monaldi (Bice).

Il duca Gagliardo della Forcoletta esperto di ippica partecipa a "Lascia o raddoppia?" per consentire in caso di vittoria le nozze della sua ritrovata figlia naturale. Ma prima della puntata finale due gangster italo-americani che hanno scommesso sulla vittotria del duca, lo rapiscono a turno minacciandolo di morte. All'ultimo momento il duca riesce ad andare in trasmissione e a vincere il premio che consente alla figlia di sposarsi.

 

 

Film completo: Totò lascia o raddoppia

Critica: Il film trae spunto da una trasmissione televisiva in voga in quegli anni che teneva incollati al televisore milioni di persone "Lascia o raddoppia?". Lo studio televisivo viene ricreato a Cinecittà con i protagonisti veri della trasmissione, Mike Bongiorno nel ruolo di presentatore e Edy Campagnoli in quello di valletta. Carlo Croccolo interpreta l'eterno ruolo di cameriere-maggiordomo, da ricordare il duetto della prova della trasmissione nella camera del duca. Scriveva Mario Gallo: "Dato il successo del noto telequiz, puntualmente è giunto il film che si propone di sfruttare, appunto, il successo del telequiz.

Pare che il regista lo abbia realizzato con l'intenzione di offrire al pubblico uno spettacolo divertente. Quel che conta però, è il risultato e il risultato, nel modo più assoluto, è deprimente " .
Ancora un "vice" da Il Tempo: " [..] Nell'insolito ruolo di un uomo elegante vediamo Totò, impegnato in un genere nuovo di comicità,  più castigata, più umana, che acquista in intensità quello che perde in lepidezza.[..] "

 

Nuoce al film l'intelaiatura (che poi è il film) dei due gangster italo-americani di maniera, che si contendono Totò per una scommessa senza senso. Una storia preconfezionata da Metz e Marchesi che interpretano la comicità come un fatto che ha luogo solo quando si scavalca la bandiera del realismo minimo. Di qui le assurdità, le esagerazioni, i luoghi comuni e le ipertrofie narrative, che risentono tutte dei vecchi schemi dell'avanspettacolo e di una comicità da caserma o da barzelletta illustrata.

 

"Costretto" a seguire le banalità di cui il film è infarcito, Mastrocinque riesce a salvarsi in angolo, puntellando il racconto con alcune tonalità realistiche e alcuni passaggi, anche se un po' manierati, nei quali eccelle la garbata delicatezza di Totò, che sono anche piuttosto commoventi.

 

L'esito complessivo è scadente e Totò è costretto alla macchietta prima maniera; il film nasceva all' impronta, sulla spinta dell'enonne successo riscosso dal quiz televisivo, introdotto in Italia nel 1956, e Totò viene utilizzato per dare un minimo di sapore alla vicenda narrata e per la sua popolarità al pari del programma.
Già avvezzo ad interpretare il ruolo di nobile decaduto ("Animali pazzi", "47 morto che parla", in caricatura "Miseria e nobiltà"), qui eccelle in ogni caso, al di là del valore intrinseco del soggetto, della sceneggiatura e del film, nel rappresentare un carattere che nella prima parte risente di una fortissima derivazione da "47 morto che parla", con i relativi plagi nei duetti con Carlo Croccolo: al povero domestico Camillo, che si lamenta eternamente per la fame, Gagliardo della Forcoletta risponde fatti una bella bevuta d'acqua, che in "47 morto che parla" si riferiva al cavallo, e nella seconda diventa caricatura e macchietta.

Mike Bongiomo domanda a un concorrente: "chi è l'autore della canzone "Malafemmina?", mentre Gagliardo-de Curtis ascolta, dimostrando di conoscere la risposta, che poi viene esplicitamente data dal presentatore: "Antonio de Curtis".
Nel secondo tempo trionfa la maschera di Totò, con le mille mossette (soprattutto un tic esibito al braccio), l'appoggiarsi ad una parete che non c'è, i piedi strusciati sul pavimento, la ripetizione ossessiva della battuta Duca -Dica, gli a prescindere, io sono un minorenne anziano, essere rapato da lei per essere rapito da lei, Joe Caccola per Joe Taccola infarciscono ogni scena del film.

 

Da notare, come fatto minimalistico, che il nome del personaggio interpretato da Totò è "Gagliardo", che richiama uno dei titoli ereditati da Totò in quanto marchese Gagliardi, mentre il nome del domestico interpretato da Carlo Croccolo, "Camillo", è lo stesso nome del regista Mastrocinque.

 

Questa interpretazione va dunque annoverata fra quelle in cui prevale la maschera di Totò sul volto molto più proteiforme e ricco di de Curtis, ma nonostante la pochezza del racconto e l'esito meno che mediocre del film, va riconosciuta a Totò una incredibile capacità di adattamento di un attore che trova la sua forza, paradossalmente, proprio nel saper ricomporre la sua struttura in contesti diversissimi dando sempre il meglio di sè. >>articolo correlato: Totò Biografia: Lascia o raddoppia<<

Tratto da "Totò principe clown" di Ennio Bìspuri per gentile concessione


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