In
tanti hanno scritto “di” e “su” Totò, storici del cinema e del teatro, poeti,
cantanti, parte-nopei e parte-napoletani, e, parafrasando sue parole:
ma chi po’ ddi’ cchiù niente?
Chi tene ‘o curaggio ‘e di’ quaccosa
doppo ca sti puete gruosse assaie
d’accordo songo state a ddi’ una cosa:
ca stu “omme” nun se scorda maie.
Queste parole Totò le indirizza a Napoli in
Zoccole, tammorre e femmene, ma anche di lui hanno scritto persone illustri,
come De Crescenzo e la Fallaci, perché anche lui non si scorda mai, perché è
sempre attuale, si trova sempre lo spunto per di’ quaccosa, ed essere originali
è difficile, ma bisogna tene ’o curaggio perché secondo me su Totò c’è ancora
tanto da dire, offre spunti di riflessione anche molto profondi, molto di più di
quanto si è soliti credere perché Totò è stato sì un attore, ma anche un
musicista, uno scrittore, un poeta e per certi versi anche psicologo.
Gli
psicologi studiano il comportamento umano, alcuni cercano di spiegarlo, in
qualità di docenti, di formatori d’aula, Totò lo faceva davanti alle
videocamere, oggi diremo che si occupava di e-learning, perché in fondo si può
stare seduti davanti ad un pc, vedere in
streaming i suoi film e scorgere un’infinità di spunti psicologici utili
alla comprensione del comportamento dell’essere umano, a volte divertendosi, a
volte commuovendosi, in fondo la vera natura dell’arte è questa ed è quello che
cercano di fare gli “insegnanti” moderni, quelli che cercano di coinvolgere i
bambini a scuola, mettendoci passioni, emozioni, ed è soltanto provando emozioni
che ci si “appassiona” e si crea veramente apprendimento.
Totò ci ha insegnato molto sulle tecniche di comunicazione e di persuasione, su
come, ad esempio può essere possibile vendere la fontana di Trevi, spacciandosi
per il Cavalier Trevi e facendosi aiutare da un compare come
Nino Taranto.
Può
sembrare solo finzione ma nella vita quotidiana le truffe sono sempre dietro
l’angolo e, a volte mi viene da pensare: se solo avessimo “studiato” a scuola
Totò e le tecniche ed i principi di persuasione da lui adottati, a quest’ora
saremmo tutti un po’ più svegli, e magari potremmo usare le stesse tecniche ma
per scopi più benevoli, per approcciarci con una bella ragazza, o per prendere
un buon voto all’università.
La persuasione secondo la psicologia
sociale
I film con Totò e l’artista stesso, per essere meglio compresi devono essere
dapprima contestualizzati. Bisogna capire con quale animo sono state create
certe opere cinematografiche, in quali situazioni storiche sono nate e
interrogarci su ciò che le rende così attuali permettendole di trascendere il
periodo storico in cui si sono realizzate. Cosa raccontano in verità?
Per i
brani musicali, la risposta quasi sempre la sappiamo, per diventare evergreen
devono comunicare stati dell’animo, sia in parole che in musica, e allora come
adesso dai tempi dei piccioni viaggiatori al tempo delle e-mail una cosa è
rimasta costante: il desiderio di comunicare e comprendere la nostra vera
natura, tutti cerchiamo risposte, attraverso i libri, attraverso il cinema,
attraverso facebook, cerchiamo qualcuno che possa fornirci delle risposte,
qualcuno che a volte si chiama Freud, altre volte Battisti e altre volte Totò.
Molti dei film di Totò trattano un tema molto caro alla psicologia sociale: il
tema dell’obbedienza all’autorità. La Seconda Guerra Mondiale ha scosso gli
animi di un mondo intero e le ripercussioni le possiamo rintracciare in tutti i
campi del sapere, tutti si sono interessati, stupiti e scioccati su quello che
accadde. Gli psicologi, dal canto loro cercarono e cercano tuttora di
comprendere come sia potuto accadere tutto ciò. Come e perché la gente in massa
segue gli ordini di pochi folli? Cosa li guida? Sia la psicologia che il cinema
hanno cercato delle risposte e ci hanno fornito spunti di riflessione.
L’obbedienza all’autorità: tra scienza
e cinema
Nel
1961, nello stesso periodo in cui Totò era impegnato ne “Il
comandante” e
“Totòtruffa ’62”, Stanley Milgram,
uno psicologo americano, tramite un esperimento scientifico diede dimostrazione
al mondo intero di qualcosa al contempo sorprendente e scioccante. Mediante
un’inserzione sul giornale reclutò delle persone alle quali veniva detto di
partecipare ad un esperimento sull’apprendimento.
In realtà si voleva cercare di
capire fino a che punto una persona si dimostrava accondiscendente alle
richieste di un’autorità, pertanto veniva chiesto alle “cavie” di fornire una
scarica elettrica crescente ad un ipotetico allievo posto in un’altra stanza nel
caso in cui rispondesse in maniera errata a certe domande.
Il risultato fu che
tutti i soggetti, diedero una scarica di almeno 300 volt “semplicemente” perché
sollecitati da un signore vestito da “psicologo”. Un uomo come tanti, ma
credibile, un po’ come il signor Trevi o l’ambasciatore di
Totò truffa.
Nello stesso periodo in cui in America si studiava l’obbedienza all’autorità in
laboratorio, Totò ne sfruttava le potenzialità nei suoi sketch cinematografici.
Spesso lo ritroviamo in veste di autorità, spesso ne sfrutta il potere e al
contempo lo critica secondo il linguaggio satirico della commedia.
In film come
“Il comandante”, ad esempio, dimostra da un lato quanto
sia difficile abbandonare le vesti da comandante, vivendo da pensionato,
dall’altro dimostra quanto sia facile persuadere utilizzando semplicemente un
titolo di autorità, proprio in questo film, il suo titolo viene sfruttato da dei
truffatori che gestiscono un’agenzia immobiliare.
L’agenzia è diretta da due
furfanti i quali lo fanno presidente quando si accorgono che la sua firma di
generale è tenuta di gran conto dalle banche e che si possono servire del suo
titolo per commettere truffe di ogni genere.
La dis-obbedienza all’autorità: tra
scienza e cinema
Totò fa molto di più, non soltanto, ci mette “in guardia” dal fascino della
divisa, ma ci spinge a riflettere, ci sollecita a non obbedire in maniera
automatica ai “caporali”. Totò distingue, infatti, gli esseri umani in due
categorie: gli uomini e i caporali, appunto:
“Gli uomini sono quelli costretti a lavorare come bestie tutta la vita,
nell'ombra di un'esistenza misera.
I caporali sfruttano, offendono, maltrattano,
sono esseri invasati dalla loro bramosia di guadagno. Li troviamo sempre a
galla, sempre al posto di comando,spesso senza avere l'autorità, l'abilità e
l'intelligenza per farlo, ma con la sola bravura delle loro facce di bronzo,
pronti a vessare l'uomo qualunque”.
Anche la ricerca scientifica si pone gli stessi interrogativi, ci suggerisce di
obbedire ma sempre con occhio “vigile”. Se è vero che eseguire gli ordini di una
figura autoritaria è qualcosa di naturale e diffuso trasversalmente nelle varie
culture, dimostrato da esperimenti come quello di Milgram, realizzati in tutto
il mondo, bisogna però sottolineare un dato: in studi come quello del
ricercatore americano esiste sempre una minoranza di individui che a un certo
punto decide di ribellarsi.
La psicologia sociale si sta interessando a queste
figure poiché non si conoscono bene le ragioni che le spingono ad agire in
controtendenza.
Un solo progetto di ricerca sta attualmente indagando simili
dinamiche: è quello condotto dal collega Piero Bocchiaro [2] e da Philip
Zimbardo [3] alla Free University di Amsterdam. Dello studio non si conoscono i
risultati definitivi visto che è ancora in fase di svolgimento.
I partecipanti
sono chiamati ad affrontare una situazione conflittuale: da un lato una norma
sociale («obbedisci all’autorità»), dall’altro un precetto morale («non fare del
male agli altri»). Studi come questo, e altri simili indagano sfaccettature
diverse del fenomeno della disobbedienza. La ricerca scientifica cerca di
svelare i meccanismi coinvolti in una condotta che, come Totò stesso ci ricorda
in certi film, in certe situazioni è da incoraggiare perché quella auspicabile.
Anche Totò ci parla, quindi, di disobbedienza, ma il messaggio non è forse
giunto fino a noi, anche perché quei pochi tentativi di comunicarcelo sono
stati, come si suol dire “censurati”.
Proprio
nel sito di Rosario Romano
www.antoniodecurtis.org [4] si legge che nel film “Totò
e Carolina”,
Mario Monicelli aveva provato a sollecitare riflessioni sulle conseguenze
dell’obbedienza cieca al sistema, sistema di regole indiscusse, di rispetto
totale per le autorità in divisa, per la Chiesa Cattolica. Per l’appunto il film
riuscì a detenere il record del “film più censurato della storia del cinema
italiano”, nella versione che venne poi distribuita pare che fossero avvenuti 31
tagli e 23 battute modificate.
Come si legge nel sito, pare che proprio il
ministro degli Interni di allora, Mario Scelba, si sentì scosso da tale
pellicola. La commissione censoria ravvisò nel film oltraggio al pudore, alla
morale, alla religione, alle forze armate e chiese decine di tagli. Non era
ammissibile che un poliziotto decidesse di avanzare di grado solo per poter
avere più soldi alla fine del mese, o che vivesse in una casupola; non era
concepibile che i comunisti fossero dei bonaccioni e i preti troppo concilianti;
che i primi cantassero bandiera Rossa, aiutando un poliziotto a spingere la
camionetta in avaria; non era ammissibile che un poliziotto giocasse al lotto:
queste solo alcune delle "inammissibilità" decretate dalla commissione censoria
che chiedeva altrettanti tagli. Alla fine il film esce mutilato nelle sale e
solo nell'aprile del 1955, quasi un anno dopo.
Monicelli, aveva costruito un grande film a
forte impianto realistico, ma era costretto a dichiarare, per dimostrare il
contrario, che in fondo non si trattava altro che di una favola proprio perché
il suo protagonista era Totò, ossia una maschera e una marionetta che fa ridere
e non un attore.
Altri motivi per cui il film venne linciato dalla censura erano un chiaro
atteggiamento anticlericale (il parroco che se ne lava le mani e la famiglia
Barozzoli, bigotta e ossequiosa, è un coacervo di corruzione), una certa
simpatia per i comunisti e la storia in sé, di una ragazza madre che vuole
suicidarsi. Una serie di dettagli sono esplicativi del senso della questione: la
richiesta di modifiche regolarmente ottenute, che danno il senso ultimo
dell'ottusità imperante. Di seguito le più evidenti: il gruppo di lavoratori su
un camion, che Caccavallo incontra sulla strada, nella stesura originale cantano
"bandiera rossa", ma nella versione censurata cantano "di qua, di là dal Piave"
e nel doppiaggio si nota che stanno dicendo parole diverse.
Da un altro camion
un gruppo di boy scout canta "Noi vogliam Dio...", ma in realtà si tratta di una
sovrapposizione di voci fuori campo, perché tutti i ragazzi hanno la bocca
chiusa. La battuta di Carolina "il suicidio è un lusso, i poveri non hanno
nemmeno la libertà di uccidersi" è sopraffatta dalla colonna sonora e pertanto
non si riesce a sentire. Un anarchico che grida "abbasso i padroni" viene
doppiato con l'affermazione più neutra e banale "viva l'amore".
Certo il film non appartiene al neorealismo, ma lo spirito con cui Monicelli
osserva la realtà e i suoi personaggi, anche se con l'occhio della satira, è
profondamente attento a coglierne i contorni sociali
Il personaggio di Caccavallo è costruito attraverso una recitazione perfetta e coerente alla
psicologia di un uomo d'ordine e insieme di un povero diavolo vedovo, con il
padre spinto dalla miseria a rubare i calzini sulla terrazza e il figlio piccolo
quasi abbandonato a se stesso. Un uomo che vive in un misero tugurio ma che è
costretto a fare l'uomo d'ordine, ad esibire un'autorità che lui per primo non
si riconosce, insomma a fare il forte con i deboli e il debole con i forti.
L'agente Caccavallo è uno dei personaggi più umani e più vivi tra quelli
interpretati da Totò, e che si imprime indelebilmente nella memoria. Questo è
uno dei pochissimi film in cui De Curtis recita praticamente senza spalla e la
componente realistica emerge attraverso lo sviluppo dell'azione.
Conclusioni (?)
Credo che adesso sia più chiaro il concetto espresso nella premessa a cui
rimando, ancora una volta ci ritroviamo ad affermare che Totò era ed è di più di
quel che è stato detto e scritto, Luciano De Crescenzo lo definisce il comico,
il principe e il poeta. Io da psicologo mi sento in dovere di contribuire
all’appellativo di: comunicatore, persuasore e psicologo sociale.
Anch’io forse,
di fronte al cavalier Trevi , alla ricerca di business avrei ceduto per
comperare o, semplicemente, “affittare” la fontana, soprattutto se forzato
dall’intervento di un compare-spalla come Nino Taranto. Ma forse Totò era ancora
di più, non solo ha cercato di insegnarci le armi della persuasione, come
direbbe lo psicologo sociale Robert Cialdini, ma ha cercato di fare molto di
più: di criticare il sistema, l’obbedienza cieca a certe figure soltanto perché
ritenute legittimate a governare.
Sta a noi scegliere di stare semplicemente a
guardare, divertirci, sorridere davanti ad un bel film di Totò o andare “oltre”,
per dirla alla Baglioni, siamo liberi di credere che Totò era un artista, un
comico o molto di più. Che Totò conoscesse il potere dell’autorità,
dell’importanza dei titoli nobiliari ce l’ha dimostrato nei suoi film e nella
vita, quando nel 1945 il Tribunale di Napoli gli permise di aggiungere vari
cognomi e alcuni predicati nobiliari come parte del nome, riconoscendogli anche
diversi titoli nobiliari Totò si fece chiamare: Antonio Focas Flavio Angelo
Ducas Comneno De Curtis di Bisanzio Gagliardi, altezza imperiale, conte
palatino, cavaliere del Sacro Romano Impero, esarca di Ravenna, duca di
Macedonia e Illiria, principe di Costantinopoli, di Cilicia, di Tessaglia, di
Ponto, di Moldavia, di Dardania, del Peloponneso, conte di Cipro e d'Epiro,
conte e duca di Drivasto e di Durazzo.
Prima di chiudere, comunque, come sapranno gli esperti di cinema l’obbedienza
all’autorità e, soprattutto la dis-obbedienza non sono temi esclusivi di Totò,
soprattutto nel secondo dopoguerra.
Addirittura durante la Seconda Guerra
Mondiale, lo stesso Chaplin ha diretto, prodotto e interpretato uno dei suoi più
grandi capolavori, “Il grande dittatore” rappresentando, in satira, il nazismo e
il movimento nazista tedesco. Nello stesso film, tra l’altro viene rappresentato
anche “il duce” che, come si legge in diversi libri, conosceva il principio
persuasivo dell’obbedienza all’autorità, ed era appassionato di psicologia
sociale. Mussolini, infatti, aveva letto più volte “Psicologia delle folle” di
Gustav Le Bon del 1895 dove si parla di suggestione e imitazione come
caratteristiche principali che predominano all’interno dei gruppi. Mussolini non
lesse soltanto il testo ma lo fece studiare alle autorità locali e lo proibì
alle masse, affinché non prendessero consapevolezza di tali principi persuasivi
dei quali erano il bersaglio.
Sicuramente il cinema ha ancora tanto da comunicarci e può aiutarci a
comprendere argomenti e concetti che, anche con affanno, cercano di comunicarci
altre discipline. Sicuramente sono tanti i punti di incontro tra varie
discipline che studiano il comportamento umano e lo “drammatizzano” come il
cinema e la psicologia e forse non è un caso che Freud ha nominato proprio
“proiezione” uno dei principali meccanismi di difesa, attraverso il quale
attribuiamo nostre caratteristiche ad altre persone, e forse è proprio in Totò
che ognuno di noi intravede una parte di sé, un qualcosa da proiettare, e
qualcuno in cui identificarsi. Non so se e quanto Totò fosse stato consapevole
di tutto questo, lui era ed è “semplicemente” Totò.
Salvatore Cianciabella (psicologo, iscritto all’Ordine degli
Psicologi della Toscana - per
contatti: cianciasal@gmail.com)
Per la realizzazione dell’articolo ringrazio
sentitamente:
Piero Bocchiaro, psicologo sociale e ricercatore
http://pierobocchiaro.blogspot.com/
Rosario Romano, autore del sito: " Il pianeta Totò "
www.antoniodecurtis.org
* citazioni
[1] Come Totò amava definirsi, parlando delle sue origini
[2] Piero Bocchiaro (Palermo, 1972) è research fellow alla Vrije Universiteit di
Amsterdam. Autore del volume “Psicologia del male”
http://www.youtube.com/watch?v=rDaUYtyF6hA (Laterza, 2009), di articoli
scientifici, ha insegnato all’Università di Palermo e si è occupato di
formazione e ricerca presso la Stanford University.
[3] Bocchiaro, P., & Zimbardo, P. G. Exploring a form of heroic defiance.
Manoscritto in preparazione.
[4] "Il pianeta Totò"
www.antoniodecurtis.org
[5] In “ ’A livella e poesie d’amore” (Grandi tascabili economici Newton, 2009)
[6] In Totòtruffa ’62 (di Camillo Mastrocinque)
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