Signori si nasce

 

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Film in B/N durata 91 min.  -  Incasso lire 353.600.000  (valore attuale € 7.489.669,42)  Spettatori 2.100.730   Video-clip 44 sec.

"Signori si nasce" 1960 di Mario Mattoli. Soggetto Dino Falconi, Luigi Motta. Sceneggiatura Franco Castellano, Pipolo, Edoardo Anton; Produttore Isidoro Broggi e Renato Libassi per D.D.L. Cinematografica Manenti Film. Direttore della fotografia Alvaro Mancori, Musiche Gianni Ferrio, Montaggio Gisa Radicchi Levi, Sceneggiatore Alberto Boccianti, Direttore di Produzione Romolo Laurenti, Aiuto regista Michele Lupo, Fonico Franco Gropponi.

Interpreti: Totò (Ottone Spinelli degli Ulivi, detto Zazà), Peppino De Filippo (Pio), Delia Scala (Patrizia), Carlo Croccolo (Battista), Liana Orfei (Titì), Riccardo Garrone (Enzo), Angela Luce (Fedele), Nico Pepe (Binotti), (Luigi Pavese (Bernasconi), Gino Buzzanga (il maresciallo), Vera Nandi (moglie di Battista), Renato Malavisi (un prete), Leopoldo Valentini (secondino), Dori Dorika (Adelina).

Trama: Zazà (Totò) si trova nei guai per una cambiale da lui firmata con la firma contraffatta del fratello Pio, che accorso in suo aiuto dopo che ha finto propositi suicidi, lo scopre in compagnia di Patrizia futura vedette. Zazà finge che la ragazza sia sua figlia e Pio, commosso, li accoglie in casa. Ma Zazà scopre che il fratello ha usato il suo nome per un imbroglio e lo costringe a finanziare lo spettacolo di Patrizia.

 

 

clip: Signori si nasce

Critica: Mario Mattoli si è servito, qualche volta con opportunità e allegria, di tutte le buffonerie facili e bonarie che frequentano da tre quarti di secolo i palcoscenici. Totò e Peppino De Filippo, naturalmente, ci sguazzano, con tutto il loro repertorio. Maurizio Liverani, Paese Sera, Roma, 1 maggio 1960.

L'invenzione è scarsa, il dialogo indigente, lo spirito da sottoscala. Chi salva un pochino lo spettacolo è il duo Totò e Peppino. Non ci dicono nulla di nuovo, ma le macchiette da esse disegnate, hanno smalto, colore, vivacità meridionale. Piero Bianchi, Il Giorno, Milano, 29 aprile 1960.

 

Ritroviamo in questo film la stessa atmosfera di "47 morto che parla" con i circoli degli aristocratici dove si gioca a carte e al biliardo, le soubrettes, il demi-monde, le passioni amorose e il tema centrale del denaro: due baroni per protagonisti con caratteristiche però rovesciate: il Barone Spinelli degli Ulivi, detto Zazà, di "Signori si nasce" è uno scialacquatore, il Barone Antonio Peletti di "47 morto che parla" è un irriducibile avaro. Inoltre, il ruolo dei rispettivi maggiordomi è interpretato in entrambi i film dall'efficacissimo Carlo Croccolo.

 

Il film è una farsa frizzante e garbata, costruita sulla società frivola della belle epoque e sul mondo del palcoscenico e delle ballerine, tanto caro sia a Mattoli che a de Curtis, entrambi attratti dal teatro e poco amanti del cinema. Anzi in questo senso si può rilevare una certa simmetricità, rispetto alle altre farse della trilogia di MattoJì ("Un turco napoletano", "Miseria e nobiltà" e "Il medico dei pazzi"): in tutte e quattro le farse infatti il film si conclude in teatro, con il pubblico che applaude, con gli attori che ringraziano e con il sipario che cala.

 

Nella ricostruzione di quel mondo Mattoli riesce benissimo, mantenendosi su un piano di accettabile realismo, a parte certe volute caricature, come le esuberanze dell'erculeo Enzo (Riccardo Garrone), alcune figure di preti che frequentano la sartoria e la stessa coppia costituita dal fratello e dalla cognata (Livia Martora Maresca). Un'altra fortissima analogia è riscontrabile con "Miseria e nobiltà", soprattutto nei passaggi terminali del film, con le scene di agnizione, di imbroglio, di travestimento ecc., al cui centro c'è sempre la coppia di giovani che si amano e che devono combattere contro tutti per legittimare il loro amore.

 

Insomma una farsa anche questa, in piena regola, girata con garbo, con gusto e ironia. Totò nella sua interpretazione è addirittura eccezionale per dinamismo e vis comica, a cominciare dall'alterazione della voce, che dà a tutto il personaggio un'impronta di sicura efficacia. Ancora una volta i duetti con Peppino generano quel dualismo ricorrente dei caratteri, ottenuto per contrasto, che fa dei due una coppia di clown.

 

Come sempre Totò martirizza Peppino non solo sottoponendolo dall'inizio alla fine ad una serie di imbrogli e di messe in scena irresistibili; ma gli mette le dita negli occhi, gli pesta i piedi, gli fa perdere affari importanti, gli ruba la stoffa ecc. In questo film Totò sembra recuperare, con una forza addirittura travolgente, tutto il suo vecchio repertorio teatrale, che dà vita, sia pure nell'aperta caricatura, ad un carattere omogeneo e ben costruito con sapiente cura nei dettagli. Fulminanti sono tutte le battute, tra cui spiccano: sapete perchè noi nobili siamo bravi a giocare a biliardo? Perchè abbiamo dimestichezza con le le palle, Signori si nasce e io lo nacqui, e ad ogni battuta segue l'espressione Bona questa, peccato che l'ho sciupata così.

 

Tornano ancora gli imbrogli con i soldi, come nella macelleria di "47 morto che parla". "Signori si nasce", pur nella sua struttura di farsa e di pochade, con le evidenti contaminazioni da film precedenti, costituisce una delle prove più rilevanti dell'impianto recitativo di de Curtis, della sua forza e della sua straordinaria capacità di saper fondere e metabolizzare vari registri, superando qualunque schema.

Tratto da "Totò principe clown" di Ennio Bìspuri per gentile concessione

 

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