I due orfanelli
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Film in B/N durata 85 min. - Incasso lire 172.500.000 (valore attuale € 8.677.685,95) Spettatori 2.365.278 "I due orfanelli" 1947 di Mario Mattoli. Soggetto Mario Mattoli e Steno. Sceneggiatura: Age, Jean Jacques Rastier, Steno. Produttore Excelsa Film, Direttore della Fotografia Jan Stallich, Musiche Eldo Di Lazzaro dirette da Pippo Barzizza, Montaggio Fernando Tropea, Sceneggiatori Gastone Medin, Roland Jean Quignon, Direttore di Produzione Ignazio Luceri, Aiuto Regista Armando Grottini, Fonico Ovidio Del Grande. Interpreti: Totò (Gasparre), Carlo Campanini (Battista), Isa Barzizza (Matilde), Nerio Bernardi (il duca), Raymond Bussières (Deval), Franca Marzi (Susanne De La Pleine), Ada Dondini (direttrice), Guglielmo Barnabò (giudice), Annette Poivre (la chiromante), Luigi Almirante (il boia), Galeazzo Benti (un ufficiale), Mario Castellani (maggiordomo), Raimondo Vianello (un ufficiale), Nico Pepe (abate Faria), Ughetto Bertucci (generale), Irene Genna (una collegiale), Dina Romano (domestica del boia), Toto Mignone (il cinese), Achille Maieroni (il segretario di Napoleone III). Trama: Gasparre e Battista lavorano in un orfanotrofio francese nel 1865 e scoprono che la trovatella Matilde è innamorata dell'ufficiale Giorgio, che non potrà sposare finché è ignota l'identità dei suoi genitori. Decidono quindi di andare da un'indovina con una ciocca dei capelli della ragazza, ma Gasparre che l'ha persa la sostituisce con una sua. Gasparre scopre di essere figlio di un nobile, tolto in fasce alla madre dal cattivo zio Filippo. Gasparre e Battista si recano al palazzo dello zio, questi lo perseguita fino a portarlo alla ghigliottina. Ma Battista scopre di essere il figlio del boia e gli salva la vita. Ma è tutto un sogno iniziato quando Gasparre ha avuto la ciocca da Matilde. |
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Film completo: I due orfanelli
Critica: Una volta di più Totò ha deluso quanti gli riconoscono ampie possibilità nel campo del cinema, ma una volta di più bisogna convenire che anche quest'ultimo naufragio è solo e completamente imputabile a chi si ostina a usare questo nostro estroso comico come una saporosa droga per far trangugiare un pasticcio dal poco gradevole sapore. Lorenzo Quaglieni, "L'Unità", Roma, 27 novembre 1947.
Totò, presumendo evidentemente di poter trasferire sullo schermo di tutto peso l’intero bagaglio delle sue battute e mossette furbe da buon mimo di varietà, ha finito col travolgere e dominare, non solo il regista Mario Mattoli, ma anche coloro che, con la trama de I due orfanelli si erano sforzati di dare al film un movimento e una libertà di motivi sardonici e acerbamente grotteschi, degni forse di miglior recapito. Alfredo Orecchio, "Il Messaggero", Roma, 27 novembre 1947.
Film di recupero, girato sugli stessi set utilizzati per "Il fiacre n.13",
dello stesso anno e dello stesso Mattoli.
Primo della lunga serie di Mario Mattoli, il
film è anche la prima parodia e il primo esempio di battute politiche
esplicite riferentesi alla situazione del dopoguerra.
Totò nella primissima parte è irrigidito nella marionetta e quasi è la
spalla di Campanini, imprigionato nello stereotipo del personaggio e del
genere. Nella seconda si intravede un volto oltre la maschera della
macchietta, anche se la recitazione complessiva sembra risentire di una
comicità alla Rascel e alla Macario. L'espediente del sogno lascia ampia
libertà alla sceneggiatura di svilupparsi in situazioni palesemente irreali
e confuse (la sfera della chiromante, la guerra napoleonica, l'agnizione di
Gasparre, la comparsa dell'abate Farias ecc., che sono però il pretesto e la
giustificazione per numerosi inserti satirici, oltre i soliti a prescindere
e aufwiedersehen, che tornano puntuali in ogni film.
Abbondano prese in giro sul saluto fascista, sulla Democrazia Cristiana, sulla "celere" e sugli impiegati parastatali, che presentano un alto grado di paradossalità e producono un forte effetto comico rispetto al tempo dell'azione filmica (1865).
Il film è pieno di battute del tipo: Suona pure l'inizio del dopoguerra; Compagni, compagni, gli aristocratici sono in crisi! Ci siamo. È la rivoluzione; i Ma non sarebbe meglio (scappare)? - Siamo in divisa! - È quello che ci rovina; Ah marescià, è meglio star lontano dalle battaglie;
Quando si è mai visto che quelli che provocano la guerra corrono pericoli?;
La gente è quando è pagata che non ha voglia di lavorare; Se uno si graffia
un dito, domani sciopero generale di tutti i tram; io sono di carriera, poi
ho famiglia; Vuoi che l'imperatore ti dà una fregatura? - Sa, non si sa mai;
Siamo in 15 e non facciamo poi che fra un anno, quando si fa il raduno, si
presentano in 40.000.
Quest'ultima battuta è comprensibile solo in riferimento al raduno promosso
quell'anno dagli antifascisti. La ricchezza di tali battute a sfondo
politico e satirico, anche se mediate dall'avanspettacolo e punto di
riferimento di altri comici, soprattutto Rascel, costituiscono un netto
avanzamento della maschera di Totò nella direzione del realismo e della
commedia. Il finale è alla Zampa, con i corrotti che si salvano e i buoni
condannati da una società ingiusta. L'incasso del film, se calcolato sul
valore reale della lira, costituisce un vero e proprio record.
Tratto da "Totò principe clown" di Ennio Bìspuri per gentile concessione
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