Totò e Marcellino
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Film in B/N durata 100 min. - Incasso lire 360.000.000 (valore attuale € 8.603.822,31) Spettatori 2.301.000 Video-clip 39 sec. "Totò e Marcellino" 1958 di Antonio Musu. Soggetto: Massimo Franciosa, Pasquale Festa Campanile; Sceneggiatura Massimo Franciosa, Pasquale Festa Campanile, Diego Fabbri, Antonio Musu. Produzione Luigi Rovere per Euro International Film, Direttore della Fotografia Renato Del Frate, Musiche Carlo Rustichelli, Montaggio Otello Colangeli, Sceneggiatore Ottavio Scotti, Direttore di produzione Alfredo Bini, Aiuto regista Giorgio Arlorio. Interpreti: Totò (il professore), Pablito Calvo (Marcellino), Memmo Carotenuto (Zeffirino), Jone Salinas (compagna di Alvaro), Fanfulla (Alvaro), Marianna Leibl (la contessa), Wandisa Guida (la maestra). Trama: Il professore (Totò), inseguito dalla polizia, si mette al fianco di Marcellino che segue il funerale della madre fingendosi zio del bambino. Ne diventa amico ma il vero zio, che vuole appropriarsi della casa di Marcellino lo denuncia. Il povero bambino viene mandato a chiedere l'elemosina sotto la paura del cattivo zio. Quando Totò esce di prigione e scopre la squallida vicenda vuole salvare Marcellino e fare arrestare il miserabile. Nel frattempo il bambino è scappato di casa, disperato perchè gli hanno detto che la madre è finita all'inferno. Per raggiungerla vuole commettere un reato e incendiare la casa di Totò, ma questi giunge a salvare casa e bambino. |
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Critica: L'idea di mettere insieme un comico e un ragazzino che irradia simpatia è sempre stata vantaggiosa, sin dai tempi del Monello. Il lavoro ha qualche pretesa: cerca di ricreare una certa atmosfera dickensiana intrisa di spirito deamicisiano. In bilico tra favola e cronaca, come in certe opere di Zavattini, ha qualche trovatina efficace, qualche battuta azzeccata che raddrizzano, qua e là, il racconto affogato nella marmellata sentimentale. Totò trova più di uno spunto per essere divertente. Maurizio Liiverani, "Paese Sera", Roma, 28-29 aprile 1958.
Ottime le interpretazioni dei protagonisti, dal piccolo Pablito Calvo al grande Totò, che ancora una volta dimostra la propria duttilità e professionalità, calandosi in un ruolo più serioso rispetto a quelli ai quelli siamo abituati ... da menzionare anche la buona direzione del regista Antonio Musu. Altra apprezzabile prodotto cinematografico interpretato dal principe De Curtis.
Evidente parodia di "Marcelino pan e vino" di Ladislao Vayda, che era uscito in Italia con un grandissimo successo nel 1955, il film è ispirato al racconto "Una chitarra in paradiso" di Massimo Franciosa e Pasquale Festa Campanile, che sono anche gli sceneggiatori, insieme al cattolico Diego Fabbri e al regista stesso.
A parte il titolo, il protagonista Pablito Calvo e un vaghissimo spunto narrativo, il film si muove su parametri propri, certamente riesumando il mondo di Dickens, di Chaplin e di Gorkj. La parodia, pertanto, che è comunque l'unica ad avere una chiara forza realistica e poetica, consiste nell'affidare a Totò il ruolo del protettore del povero orfanello, sfruttato, insieme ad altri, dallo zio Alvaro (Fanfulla). In realtà il film, oltre alle ascendenze sopra indicate, sembra richiamarsi, per il clima di favola e per un certo angelismo d'insieme, anche al mondo di "Miracolo a Milano" e al testo zavattiniano "Totò il buono", oltre che a "La finestra sul luna park", di Luigi Comencini, uscito nel 1956 e al coevo (1958) "La ballerina e il buon Dio", di Antonio Leonviola, che pure trattavano un tema analogo, evidentemente molto sentito in quegli anni. Totò offre una recitazione di straordinaria compostezza e di grande realismo, sapendo coniugare perfettamente una certa comicità di fondo con l'accorata partecipazione alla vicenda del bambino. La scena del risveglio sul vagone abbandonato è un "topos" ricorrente, visto in molti film, tra cui "Fermo con le mani", "Animali pazzi", "Totò cerca casa", "L'imperatore di Capri", "Totò a Parigi" ecc. In "Totò e Marcellino" de Curtis riesce a mostrare in modo convincente la sua maschera pulcinellesca e il suo volto tremendamente realistico, solcato da secoli di angherie, di soprusi e anche di una dignità e di un coraggio incrollabili, assolutamente al servizio dei deboli e dei sofferenti. Misurato nella recitazione, affiorano sul suo volto anche i segni di una profonda malinconia, che è quella tipica dell'uomo solo ed emarginato, che deve inventarsi la vita ad ogni risveglio.
È questa mortificazione di fondo, ormai cementata nel personaggio, che lo spinge a darsi completamente e senza riserve per ristabilire la giustizia e restituire la serenità al piccolo abbandonato e sfruttato da uno zio indegno. Di estrema poesia sono alcuni momenti del film, a cominciare dal solitario funerale alla madre di Marcellino (evidente richiamo alla scena analoga di "Miracolo a Milano"), che permette l'incontro con Totò, il barbone "professore", e poi in tutti i duetti tra i due, con le mille premure dell'adulto e gli slanci d'amore del piccolo.
Tratto da "Totò principe clown" di Ennio Bìspuri per gentile concessione |
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