Gli onorevoli
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Film in B/N durata 100 min. - Incasso lire 212.000.000 (valore attuale € 3.849.173,55) Spettatori 1.084.300 Video-clip 42 sec. "Gli onorevoli" 1963 di Sergio Corbucci. Soggetto e sceneggiatura Bruno Corbucci, Giovanni Grimaldi, Renato Mainardi, Vittorio Metz, Vighi, Mauro Guerra. Produttore Gianni Buffardi per Jolly Film, Direttore della fotografia Enzo Barboni, Musiche Armando Trovajoli, Montaggio Roberto Cinquini, Sceneggiatore Aurelio Crugnola, Direttore di produzione Anna Maria Campanile, Aiuto regista Ruggero Deodato. Interpreti: Totò (Antonio La Trippa), Peppino De Filippo (candidato M.S.I.), Gino Cervi (senatore P.L.I.), Walter Chiari (regista TV), Franca Valeri (candidata D.C.), Franco Fabrizi (Robin il trafficone), Aroldo Tieri (Fallopponi intellettuale P.C.I.), Riccardo Billi (il portiere), Luciano Salce (un invitato), Memmo Carotenuto (il benzinaio), Stelvio Rosi (il biondino), Anna Campori (signora La Trippa), Linda Sini (moglie del senatore), Carlo Lombardi (presidente del P.N.R.), Mario Castellani (segretario), Fiorenzo Fiorentini (propagandista), Agostino Salvietti (maggiordomo), Mario De Simone (propagandista), Franco Giacobini (De Angelis), Carlo Pisacane (un cittadino di Roccasecca). Trama: E' periodo elettorale e i rappresentanti dei vari partiti ricorrono a tutti i mezzi per sensibilizzare il cittadino a votare per loro. Tra questi vi è Antonio che partecipa al gioco elettorale come rappresentante del partito nazionale della restaurazione, e che non esita di svegliare all'alba i suoi coinquilini urlando dalla finestra con il megafono e gli slogan. Il film si dipiana tra situazioni grottesche e paradossali come la partecipazione a "Tribuna politica" del missino Mollica con rossetto e parrucca bionda che cacciato dalla trasmissione finisce tra le girls di un balletto. |
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Critica: Il filmetto di Corbucci non esce dall'abborracciata formula a episodi e dal dubbio umorismo da avanspettacolo tanto caro al bozzettismo romanesco. Insomma una sfilza di luoghi comuni con qualche episodico momento divertente che va a merito dei singoli interpreti più che del copione e del regista. Giulio Cattivelli, La Libertà, Piacenza, 6 ottobre 1963. Il regista Sergio Corbucci compare brevemente nel ruolo del proprietario della pensione di Roccasecca dove La Trippa si appresta a passare la notte. Ultimo dei sette film di Totò firmati da Sergio Corbucci, è una satira molto superficiale, ma talora divertente e perfino amara e grottesca, sulle elezioni politiche e sulla nuova società italiana.. Molto imbevuto del classico bozzettismo romano, il film ha una struttura corale, per così dire episodica, costituita di storie che si sviluppano intorno ad alcuni personaggi rappresentanti dei più importanti partiti politici, tutte ruotanti intorno alle imminenti elezioni. II film soffre forse della presenza di troppi sceneggiatori, tra cui Metz, al quale devono essere addebitate alcune situazioni limite, che vanno oltre la barriera del realismo minimo, tuttavia divertenti, quali per esempio gli stessi comizi fatti dal balcone o il telegramma per Fallopponi (Aroldo Tieri) letto al microfono durante il comizio, o il crollo della pedana dove sta parlando Rossani Breschi (Gino Cervi), personaggio costruito sugli stessi parametri caratteriali del commendator Paoloni de "Il coraggio". Le varie sequenze dedicate alla "banda di bambini" e alle loro imprese scurrili, è un chiaro calco da "La guerre des boutons", di Yves Robert, uscito l'anno prima in Italia con il titolo "la guerra dei bottoni" e divenuto subito molto popolare. La scena di Antonio La Trippa che si presenta in un albergo di Roccasecca e deve dividere la camera d'emergenza con il moribondo Ercole Sansoni è tratta (anche se non sviluppata fino alla fine) dalla famosa farsa napoletana, "La camera affittata a tre". Il personaggio di Antonio La Trippa anticipa, per alcuni tratti malinconici, soprattutto nel finale, il successivo e drammatico film ."Il comandante". Anche in questo film Totò incarna due volti che sembrano differenti: quello un po' macchiettistico di un ottuso colonnello in pensione, qualunquista e caciarone, apparentemente privo di scrupoli morali pur di essere eletto onorevole, e quello del l'integerrimo servitore del popolo, di sincera fede monarchica, raggirato dai suoi compagni di partito, che ha il coraggio di sbugiardare e denunciare in un pubblico comizio. In tutti e due i ruoli risulta, come sempre, dinamico e convincente, connotando il personaggio di tratti umani là dove è più clownesco e di tratti clowneschi là dove è più umano. Nel primo si fa propaganda da solo ripetendo in modo monomaniaco dalla finestra del suo appartamento, attraverso un gigantesco imbuto, vota Antonio... Vota Antonio, oppure vota numero 47, cui segue l'immancabile commento di un inquilino "morto che parla". Nel secondo ha il coraggio di dire tutta la verità in difesa dei suoi concittadini di Roccasecca, venendo malmenato dai suoi compagni di partito e facendo ritorno solo e incerottato nel cortile del caseggiato, dove strappa i suoi manifesti, fino al giorno prima accanitamente difesi. Nel primo duetto con Riccardo Billi recita nello stesso modo in cui ha sempre recitato ... "a livella", enfatizzando il ritmo, come se stesse pronunciando un discorso funebre. La scena più intelligente e satirica del film è quella con Walter Chiari e Peppino De Filippo, dove quest'ultimo viene pesantemente truccato da un regista un po' folle e un po' vendicativo e va in onda in diretta con il viso di un pagliaccio. Tratto da "Totò principe clown" di Ennio Bìspuri per gentile concessione |
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