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Eduardo Clemente (Napoli 10/01/1920 - 20/09/1996) è una delle pochissime persone che sono state realmente vicine a Totò, gli ha fatto da segretario tuttofare dal 1950 fino alla morte. Eduardo è cugino di 1° grado di Totò, in quanto figlio di Federico, fratello di Anna Clemente (madre di Totò). Persona leale, con una cortesia d'altri tempi, Eduardo Clemente è stato vicino a Totò con discrezione e fedeltà. Non è un caso che Totò abbia lasciato proprio a lui il suo baule di comico (adesso custodito religiosamente dal figlio Federico) , segno questo di una fiducia e stima profonda. >articolo correlato: il baule di Totò<
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Qual era la differenza tra il Totò delle scene e il Totò privato? Erano personaggi completamente diversi. Totò in casa era una persona fondamentalmente triste, non si poteva scherzare, non si potevano dire barzellette. Diventava allegro solo quando era malato. Sulla scena era tutta un'altra cosa. Man mano che iniziava a truccarsi diventava di buon umore, sulla scena poi si divertiva e si divertiva soprattutto ad inventare battute e nuove gags. Totò amava molto il teatro perché diceva: "Il pubblico lo vedi, ci parli e reagisce. Se voglio poi il pubblico lo faccio ridere in i, in o, in u, gli do io l'intonazione". Cosa pensava dei suoi film? Non gli sono mai piaciuti. Ricordo che una sera andammo a vedere Totò a colori (che fu il primo film italiano a colori); dieci minuti prima che finisse il film lui si alzò e mi disse: "Andiamo via prima che si riaccendano le luci". Gli ultimi giorni di Totò Dopo una serie di crisi cardiache, quando si accorse di morire Totò mi disse: "Eduà, è la fine. Ti raccomando, portami a Napoli". Perse conoscenza verso le dieci di sera e morì la mattina alle 3.25. Totò non era molto superstizioso, due sole cose lo impressionavano veramente, il gatto nero e il 13 e il 17. La sorte volle che il 13 si ammalasse e il 17 venisse sotterrato. Morì il 15 aprile del 1967. Aveva paura della morte? Non ne parliamo. La morte lo spaventava. Malgrado questo in casa si parlava spesso della morte, tant'è vero che Franca Faldini molte volte si seccava di sentirci parlare di questi argomenti. A questo proposito un fatto curioso è che Totò quando faceva il bagno, per paura, toglieva sempre la corrente. Alla morte poi Totò dedicò una poesia bellissima che in origine si chiamava "Il due novembre", in seguito divenne la famosissima 'A livella. Un grande amico di Totò che si è rivelato soprattutto dopo la morte è stato Nino Taranto. Infatti da allora porta ogni settimana un mazzo di rose sulla tomba di Totò e si è occupato personalmente della cappella dove è seppellito.
Napoli? Totò amava moltissimo Napoli. Ci andava spesso, anche solo per un attimo. Ci andava sempre con molti soldi in tasca, perché a Napoli si sentiva la miseria, appiccicata addosso, di quando era giovane. Qual era il suo rapporto con i soldi? Per Totò i soldi non avevano nessun valore. Mi ricordo che un anno guadagnò 235 milioni e ne spese 213; quando glielo feci rilevare mi disse: "Eduà, nun me fa' i cunti 'ncuollo". Gli unici soldi che riusciva a risparmiare erano quelli che non riusciva a spendere.
I divertimenti? Il divertimento più grande di Totò era la passeggiata. Era un buongustaio? Non ci teneva molto al mangiare. Il piatto che gli piaceva di più erano i fagioli con la pasta, che gli piacevano poco brodosi: azzeccati, come diciamo noi a Napoli. Gli piaceva molto anche la "parmigiana". Fondamentalmente però mangiava per vivere e non il contrario. Una cosa curiosa era che mangiava sempre in fretta, ricordo che una volta cronometrai il tempo: aveva mangiato in sette minuti. In genere non beveva vino, ogni tanto qualche whisky, perché gli avevano detto che faceva bene al cuore.
Il fumo? Le sue sigarette preferite erano le Turmac, ne fumava novanta al giorno. Che importanza dava al suo titolo nobiliare? Non ci teneva più di tanto, anzi alcune volte gli dava pure fastidio. Tutti gli incartamenti e le medaglie riguardanti il suo titolo li conservava in un cassetto e non li esibiva mai. Era religioso? Religiosissimo, anche se non era un praticante. Sulla spallina del letto, infatti, teneva sempre la corona del rosario. Sul comodino invece aveva sempre un quadretto di Sant'Antonio e quando le cose gli andavano male lo puniva girando la sua immagine contro il muro. L'eleganza? Totò era per un'eleganza classica. Aveva un guardaroba di 160 vestiti di cui si occupava personalmente. Le scarpe se le faceva fare su misura a Milano. Ci teneva molto alle scarpe, se le lucidava personalmente. Un'altra mania di Totò erano le bretelle, non usava quasi mai le cinture. Quando era giovane addirittura si faceva mandare le bretelle dall'Inghilterra a 300 lire l'una. Un'altra cosa alla quale teneva molto era avere i capelli sempre in ordine. Ricordo che usava la brillantina solida, che assomigliava alla sugna. Aveva i capelli che sembravano incollati. Una volta a Milano uscì a fare una passeggiata e per il freddo che faceva la brillantina che aveva in testa si ghiacciò e dovette mettere la testa sul termosifone, perché era diventata un casco gelato.
Aveva molti amici? Era un solitario e la sua casa era frequentata da pochissime persone. Amava la velocità? Non amava per niente la velocità; quando andavamo in macchina voleva che andassimo pianissimo. Odiava gli aerei e la volta che dovette girare una scena nella cabina di un aereo per un film mi fece rimanere fuori per controllare che non gli facessero lo scherzo di farlo decollare. Amava le navi e quando si doveva spostare in treno prendeva sempre il vagone letto. Una volta mi mandò a comprare due maschere antigas prima di partire per un viaggio in treno, perché alcuni giorni prima aveva letto di un incidente ferroviario in cui alcune persone erano morte asfissiate all'interno di un vagone. Qual era il suo rapporto con Totò? C'era un grande rispetto reciproco. Di lui cosa ama ricordare? Mi diceva sempre di fare del bene, indipendentemente da tutto, era la regola di vita a cui teneva di più Dopo pochi giorni dalla morte di Totò, Eduardo Clemente ricevette questa lettera dal produttore Turi Vasile. (regista di Gambe d'oro e produttore di Operazione San Gennaro). In essa sono esternate le condoglianze e le proprie scuse per qualche suo presunto rimorso (magari anche infondato).
Nella stretta di mano finale che Turi Vasile gli offre ci sono mille, milioni di mani di tutto il pubblico il quale si profonde in lacrime sincere per aver perso un eroe, un mito discreto e schivo ma proprio per questo grande.
Eduardo Clemente, anch’egli discreto e schivo, ha conservato caramente questa lettera:
Le foto sopra citate, ci sono state trasmesse dal figlio Federico Clemente, per gentile concessione
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