Ho sonno - Leonida Edizioni - Marzo 2014

di Vincenzo Peluso


Ho sonno - Leonida Edizioni - Marzo 2014

di Vincenzo Peluso


Fra i tanti amatori di  Antonio De Curtis è da menzionare il giovane scrittore Vincenzo Peluso. Sin da piccolo ha coltivato ideali che si ispirano alla fonte inesauribile del grande personaggio del cinema Italiano. Secondo lo scrittore, Totò è un personaggio fantastico che appartiene ad un mondo irreale, fatto di sogni, di emozioni, di risate, di celluloide.

 

 

Entrando nel vivo del racconto il personaggio si imbatte nei problemi della vita quotidiana, affrontandoli con spirito diverso dagli altri poiché è consapevole che qualcosa possa cambiare. Quale può essere la base di un cambiamento, il principio che regola il meccanismo? Totò appare improvvisamente per lanciare un messaggio chiaro e determinante.

Ma la domanda fondamentale da porsi è questa: è possibile un Principe De Curtis in questa  società?  Nel romanzo si cerca di dare una risposta, esaltando la figura carismatica di Totò, piena di insegnamenti e di vitalità, vista come una guida, un tutore o un angelo custode che può essere di esempio e aiuto ancora oggi nel 2014 ai giovani nei momenti di bisogno e di difficoltà e in preda alla vita frenetica, cibernetica e piena di disagi.

Nel curriculum dell’autore si registrano diverse pubblicazioni giovanili su diversi giornali locali riconosciuti tra cui “Albatros”, “l’Impegno” e “Obiettivo Saviano” che nel 2007 ha pubblicato un suo articolo redatto per celebrare il 40° Anniversario della morte di Totò. Con il suo ultimo lavoro, dal titolo “Ho sonno”, ha partecipato ad un concorso per giovani scrittori indetto dalla Casa Editrice “Leonida”.

Il romanzo ha ricevuto consensi e apprezzamenti dalla critica letteraria ed è stato premiato con la pubblicazione offerta dalla Casa Editrice, senza alcun corrispettivo economico dovuto dall’autore.

Il Libro, che  ha riscosso notevole successo, è un  testo di narrativa di 72 pagine e viene arricchito dalla grafica di copertina del Prof. Pasquale Iannucci e dalla prefazione del Dott. Antonio Mastroianni.

Prefazione di Antonio Mastroianni

Che cosa può cementare una vera e sincera amicizia? Bella domanda mi direte... Beh, posso solamente dirvi che quella tra me e il mio carissimo amico è cementata dalla grandissima passione per il Principe De Curtis, in arte Totò. Non c’è momento che non si passi a discutere del nostro grande e unico mito, quanti aneddoti, curiosità da raccontare.

Ogni volta restiamo affascinati da quanto si possa ancora scoprire e trovare su Totò, un’intervista, una foto, un filmato inedito, una notizia. Eppure continuiamo a chiederci cosa c’è che rende unico e fantastico questo grandissimo personaggio. Ho usato l’aggettivo “fantastico” perché, a mio parere, Totò non è umano, non lo si può banalmente definire tale.

Egli appartiene a un mondo irreale, fatto di sogni, di emozioni, di risate, di celluloide, un mondo forse fittizio eppure così reale agli occhi di noi tutti suoi ammiratori e spettatori. Non è possibile trovare un’altra figura così carismatica, piena d’insegnamenti e di vitalità che possa essere un esempio ancora oggi, nel 2014, dove siamo tutti preda di una vita frenetica, cibernetica, piena di twitter e post sulle bacheche virtuali. In questo mondo un Totò può essere ancora possibile? Credo di sì.


 


Nel romanzo è evidente la ricerca di una figura chiave, di una guida, una sorta di secondo padre, di tutore oppure di angelo custode, che con un suo sorriso benevolo ci possa dare una mano nei momenti di difficoltà, ancorato in un passato quasi mitico, irraggiungibile e allo stesso tempo così reale e tangibile. Oggi più che mai abbiamo bisogno di qualche “padre nobile” che ci possa far dimenticare la paura di un obiettivo da raggiungere, a causa magari di una strada tortuosa e impervia.

È bello avere qualcuno come il Principe che possa interloquire con noi. Si dirà che Totò è ormai scomparso da oltre quarant’anni, è vero, i suoi insegnamenti però saranno sempre vivi e ritrasmessi tra quelli che l’hanno amato e apprezzato, sia quand’egli era in vita che riscoprendolo dopo la sua morte.

Nell’opera vengono citati alcuni film del grande (e a volte sottovalutato in vita) artista, tra questi vi sono Totò e Peppino divisi a Berlino e 47 morto che parla, due tra i più grandi successi cinematografici dcl Principe. In essi è possibile cogliervi un messaggio di forte amicizia e fratellanza (nel primo) e di timore e rispetto, quasi di ossequiosa riverenza verso la morte, giudice unica e imparziale del genere umano. Nel primo film vediamo come la costruzione del muro di Berlino venga presa sapientemente a pretesto per una storia che vede protagonisti Totò e Peppino De Filippo, una delle più straordinarie coppie del cinema italiano (a detta anche del grande regista Lucio Fulci).

 

In esso vediamo mille peripezie affrontate da Totò, spinto da un sogno a voler emigrare in Germania per compiere una missione speciale, trovare Peppino e fraternizzare con lui, quasi contro voglia di quest’ultimo. Personalmente ci vedo la forza e il coraggio dell’uomo che decide d’intraprendere un’impresa coraggiosa, allo scopo del conseguimento di un bene maggiore, mettendo in gioco tutto se stesso, senza un lieto fine sicuro (come poi avverrà nel film in qualche modo). Nel secondo film vediamo Totò nei panni di un moderno avaro di molièriana memoria o se preferite un moderno Ebenezer Scrooge di Charles Dickens nel Canto di Natale.

In esso vediamo la perdizione (in questo caso a tratti comica) del protagonista, il quale neanche di fronte alla morte sembra redimersi, per poi cambiare idea di fronte ai molteplici incontri (farseschi e irreali) con essa. Il protagonista Totò, preso dal grande rispetto verso questo giudice implacabile, decide di modificare il suo atteggiamento nei confronti del prossimo, arriva quindi il pentimento (proprio come nel Canto di Natale) e la volontà di donarsi al prossimo, rimettendosi sulla retta via della bontà e della compassione verso il prossimo.

Questi sono due grandi insegnamenti, dei quali si dovrebbe tener conto nella vita di tutti i giorni. Alcuni potrebbero ritenere banali queste raccomandazioni, eppure ritengo che non vadano considerate come semplici idee prese da filmetti di cassetta; il significato di queste opere è molto più profondo e complesso. Questa è la grandezza di Totò oggi, colui che è ancora in grado di farci sognare e di sorprenderci, regalandoci una voce, una finestra su un mondo letterario e umano che oggi stentiamo a ritrovare.


 


Introduzione dell’autore Vincenzo Peluso

Non ho mai provato tanto desiderio di scrivere fino a quando mi sono dibattuto in questo tema. Il motivo di cotanta abnegazione va ricercato nella riflessione che opero quotidianamente sulla realtà circostante.

La vita offre spunti interessanti, considerazioni di carattere introspettivo e retrospettivo in cui la personalità individuale si rispecchia nella problematicità collettiva e cerca di adeguarsi alle esigenze, ai bisogni esistenziali. Potremmo parlare di tacito accordo tra le parti o meglio di comunanza di intenti perché l’obiettivo è il raggiungimento della stabilità. La nostra esistenza dovrebbe essere estesa in maniera tale da poter offrire infinite possibilità di consolidamento, di stabilità, di crescita individuale e donare la capacità di spontanea propagazione di idee da un individuo all’altro.

La ricerca non produce effetti se ci imbattiamo nella società contemporanea costruita, ahimè, sull’eccessivo ostruzionismo, sulle sporadiche libertà di scelta ma soprattutto sulla restrizione coscienziosa e morale. L’individuo si trova a contatto con una società priva di dinamismo, intenta a stabilizzarsi sulla precarietà, ad adattarsi senza pretendere un cambiamento e non curandosi di cercare il modo migliore di convivenza.

E come trovarsi in un sonno profondo, al di fuori della realtà, in cui le immagini hanno un valore meramente simbolico, lo spazio sembra non mutare la sua forma: il motivo esistenziale ruota attorno a un sistema mai turbinoso e sempre fermo, immobile su se stesso. Il sonno domina la nostra realtà, accompagna le nostre giornate, spesso ha potere decisionale dinanzi a forme di sviluppo sociale, tendendo a immobilizzarle, a piegarle per lasciar spazio al falso lassismo e a un’idea di innovazione priva del senso materno e genuino.

Il sonno come sopravvivenza quotidiana, come necessità, come condizione temporanea che, in cerca di un risveglio, si accontenta del suo stato, vuole che quel qualcosa possa cambiare ma in cuor suo la speranza non ha mai trovato un’affermazione sistematica. Si potrebbe spiegare meglio dicendo che l’uomo vinto dal sonno vorrebbe svegliarsi ma la sua speranza è quella di continuare a dormire senza che il suo stato venga travolto da cambiamenti improvvisi.

Più che di adattamento si potrebbe parlare di piacevole convivenza.

Mi viene in mente Italo Svevo intento a raccontare l’inettitudine dei suoi personaggi dominati da un sonno continuo della vita che, tentando di svegliarsi, ossia di reagire alla vita stessa, finiscono per scontrarsi e avere un risveglio brusco, improvviso, tale da arrecare ulteriori turbamenti.

Ma pensiamo a un giovane della nostra società e al programma della sua giornata: si sveglia, si riprende dal sonno della notte e tenta di costruire il senso della stessa. Il dinamismo che lo accompagna è solo relativo perché è in attesa di una modifica del suo stato che difficilmente avverrà.

In attesa ditale stravolgimento, l’uomo si trova ad affrontare qualsiasi impegno della vita servendosi di una buona dose di volontà ma sempre connessa alla staticità imperante dell’esistenza, comunemente generata dalla società contemporanea, sospesa tra il vecchio e il nuovo, priva di dinamismo, carente di plurime possibilità e ancora fondata sui vecchi costumi e le mentalità retrograde e improduttive.

Ma chi è Josh?  Josh è un giovane che ha capito come funziona questo meccanismo (privo di senso ma omogeneo e diffuso capillarmente) ma ha l’obbligo di adattarsi per evitare l’annullamento, la superficialità dei pensieri altrui. Josh frequentava l’università e ancora non capiva il senso del suo lavoro e del suo cammino, doveva solo portare a termine un percorso perché era stato vivamente sollecitato dalle pressanti richieste provenienti da tutte le parti. Terminato il lavoro, Josh si immerge in una realtà nuova e piena di insidie, cinica e pronta a costruire lotte per la sopravvivenza, guerre tra poveri senza possibilità di rivincita.

Collocato all’interno di un vortice distruttivo, il giovane docente è ora pronto a lottare contro il sonno, contro il dipanarsi della società, a costruirsi un piccolo spazio da contendere al sadismo e all’indifferenza dei poteri forti, pronti a essere sopraffatti dall’ennesimo cambiamento e reagendo con l’ennesimo sbadiglio. Ma Josh sa che il sonno è allontanamento e spesso questo sistema è utilizzato appositamente per evitare le prediche di suo padre e per distaccarsi con la mente dai problemi quotidiani, tuffandosi in soavi ma celeri intervalli di riposo.

Come si può spiegare un comportamento del genere da parte di Josh se non giustificandolo con la presenza di Antonio De Curtis? Totò, superiorem non recognoscens, interviene come per bloccare, interrompere bruscamente il processo di evoluzione mentale dell’ingenuo insegnante, oramai eccessivamente consapevole del meccanismo sociale. Il Principe sa bene cosa stia provando Josh: anche lui ha dovuto adattarsi in qualsiasi circostanza, combattendo spesso contro il suo impeto.


Mi ha colpito Mario Monicelli, famoso regista di alcuni celeberrimi film di Totò, poiché durante un’intervista dedicata alla figura di Antonio De Curtis, rilasciò una significativa considerazione: «Totò era una maschera ed è paragonabile solo ai grandi come Chaplin, Keaton e i fratelli Marx. Ma noi che l’abbiamo diretto gli affidavamo parti troppo “umane” e lui finiva così per perdere inevitabilmente quella comicità surreale e astratta che era riuscito a sprigionare al massimo quando faceva la rivista e I’avanspettacolo.» Ma Totò volava allo stesso tempo (secondo Goffredo Fofi) verso altri spazi ed era più fedele alle comuni radici. Per Fellini Totò era «un fatto naturale, un gatto, un pipistrello», qualcosa di compiuto in se stesso che è come è, che non cambiare, tutt’al più puoi fotografarlo. È uno di quei prodotti sacri che vanno tramandati come sono, stando bene attenti a non alterarli.

Il Principe frena l’impeto del giovane docente che vuole vincere una guerra persa in partenza senza vantare fasi preparatorie. Nonostante tutto Josh sa di trovarsi davanti a un uomo che ha saputo raccontare la società in maniera sana, senza posizioni privilegiate, sempre dalla parte dei più deboli e pronto in qualsiasi momento ad adattarsi per amore del suo lavoro e consapevole della sua missione. Per questo motivo Josh deve accettare i suoi consigli, trovare un sereno compromesso e seguire la persona che gli vuole tanto bene, anche a costo di sbagliare.

Sarà contento l’ostinato professore? Egli stesso è consapevole che qualcosa è ancora insoluto e forse lo sarà per molto tempo, sino a quando non avrà percepito l’autentico significato. Del resto sappiamo che non tutto può essere risolto armoniosamente; c’è sempre un fatto in sospeso, un evento non ripetuto collocatosi lontano dal mondo delle sane speranze, in un vuoto riempito solo con la sua presenza. Tutto questo è normale per Josh ma non per tutti.

Basti pensare che in ogni casa c’è sempre una finestra che non viene mai spalancata, una porta che resta sempre chiusa: ci si è mai chiesti il motivo? In casa nostra non vi è un motivo mentre lo ricerchiamo in abitazioni altrui. Questo è il nostro atteggiamento:chiuso in noi stessi ma aperto al cospetto di altre conoscenze.

La vita riserva sorprese nel momento in cui annulla la staticità (l’appianarsi di un sistema che stenta a evolversi) e si proietta verso innovazioni; in realtà tende solo a emulare il vecchio, quello che già ebbe un senso. Per questo la Storia è affascinante, racconta la vita di allora ponendoci a contatto con la contemporaneità degli eventi. Il nuovo subentra solo in casi eccezionali, accostandosi al vecchio: Josh ha scoperto il nuovo nel suo meraviglioso sogno ma all’improvviso il nuovo si è immerso nel vecchio, disperdendo il concentrato nel mare infinito della nostra esistenza, testimoniata dal risveglio improvviso.

Ciò che resta è la consapevolezza della propria evoluzione.

 

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