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Totò utilizza tutte le tecniche del vecchio teatro tradizionale e popolare. Ricorre spesso a un partner chiamato spalla. Questo partner gli da la battuta, gli fa da contrappunto, per le ripetizioni e i rimbalzi necessari al discorso comico. Ma non serve unicamente a dargli la battuta, a recitare in contrappunto, a fare da controscena: è prima di tutto un punto d'appoggio. Lo stesso termine "spalla" deriva dall'atleta che, nel salto pericoloso, offre all'acrobata una possibilità d'appoggio, di rimbalzo, che in qualche modo lo spinge e lo proietta in avanti. E' così che Totò utilizza la spalla e sempre mirabilmente. C'è per esempio un pezzo celebre, quello delle lacrime, della tristezza. Totò ascolta un partner leggere qualcosa. Il partner si interrompe bruscamente e il suo viso esprime un dispiacere, un dolore. Totò coglie al volo questo dolore, lo spinge al parossismo e dà nuovo sviluppo all'azione a partire da questo dolore di cui non conosce il senso.
Diventa la maschera spaventosa e grottesca di un dolore sconosciuto che imita. E questo dramma, dietro al quale c'è il vuoto della conoscenza, diventa enorme.
Totò aveva il dono di improvvisare, di recitare su canovaccio. Lo si vede perfino nei suoi film, per esempio in Totò Tarzan: gli attori durante le riprese cinematografiche, cioè dopo aver debitamente provato, scoppiano a ridere, si trattengono, si nascondono il viso, parlano tra di loro in modo da non far vedere che Totò con le sue improvvisazioni li ha trasformati in spettatori: ha fatto dimenticare loro il ruolo che avevano come attori. Spesso ci si domanda come Totò abbia potuto salvare dei film con delle sceneggiature ignobili, grossolane, di terzo ordine, che si potrebbero definire incolte, senza gusto, volgari. Li ha salvati capovolgendoli. Ne ha distrutto furtivamente la storia giocando sulla situazione. È partito dalla situazione sulla quale poggia tutta la storia e l'ha spinta fino al parossismo con colpi di scena, contraddizioni, spaccature, sviluppi sempre più paradossali.
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Altro elemento importante è la recitazione basata sugli equivoci. Totò crede di vivere una situazione data, di parlare di un soggetto dato mentre si tratta di tutt'altra cosa. Spinge allora il qui pro quo all'estremo. C'è anche il gioco della paura con il capovolgimento della situazione per la rivincita sulla paura. Anche la recitazione sulla felicità ha un equilibrio precario: si mette a ridere mentre ha la morte nel cuore per fronteggiare una situazione che diventa pericolosa. È insomma la recitazione del ridere simulato, della finta cordialità che distrugge, per lui stesso prima di tutto, l'idea del dramma imminente. Sono queste alcune costanti del teatro di Totò. Totò non rispetta assolutamente il testo. Si può anche dire che è un massacratore di testi. Il celebre sketch del Vagone letto durava all'origine 8 minuti. Era un testo completo, strutturato, con le sue battute, le sue gag e le sue controgag. Poco per volta si è sviluppato: 20 minuti, poi 25 fino all'ultima rappresentazione che durava 50 minuti e in questa versione è stato ripreso per il cinema. Non bisogna pensare che si tratta di uno sketch forzato, che ha dei momenti vuoti. Si è trasformato fino nella sua struttura: erano i pretesti, le variazioni, i tormentoni, i lazzi, le battute che diventavano la sua nuova struttura, e la storia si svuota della sua importanza, non ha più senso. L'importante è il concatenarsi delle invenzioni, delle trovate, delle ripetizioni. questo che sostiene il testo: la sovrastruttura diventa la struttura stessa del testo drammatico.
Ma c'è un equivoco sul gioco teatrale di Totò. Si è detto che è un attore che necessita di molta libertà, una specie di anarchico della scena, che ha bisogno di uscire dal testo, di rientrarci, di frantumarlo, di farlo a pezzi. Bisogna essere prudenti su questo punto. Totò inventa, ricostruisce, farcisce di sue invenzioni i testi che non si reggono da soli. Si tratta di brutti pezzi teatrali, di orribili sceneggiature. Quando d'altra parte trovava una struttura solida, un testo che si sosteneva da solo, ecco che diventava di un rigore, di una puntualità estremi. ..non sviava di una virgola, di un tempo, di uno spazio, di un respiro.
Totò inizia la sua carriera comica dal basso, nel ruolo di mamo, dico mamo e non mimo. Il mamo è al servizio degli altri attori. È un genere, un personaggio caricaturale che non sempre è un comico. Non parla, riceve gli schiaffi e gli sgambetti. La grande novità sta nell'origine insignificante del qui pro quo iniziale. Man mano Totò acquista importanza fino a diventare il più grande comico italiano degli ultimi cinquant'anni. Totò non ha mai fatto fiasco. Ci sono stati alcuni spettacoli dagli inizi difficili, altri spettacoli costruiti male, a volte al limite del catastrofico. Ma dopo 5, 10 o 15 giorni lo spettacolo esplodeva giacche Totò si era messo a lavorarci dall'interno, con un'assiduità a volte paradossale. Reintroduceva tutti i materiali a sua disposizione, sia che fossero acquisiti attraverso la sua esperienza o ricevuti dalla tradizione dei grandi attori, sia forse a sua insaputa perché non era un intellettuale acquistati dalla commedia dell'Arte o dal teatro comico greco-latino. Questo considerevole bagaglio gli permetteva di rimettere in piedi lo spettacolo venuto male e di portare allo stesso livello di successo del teatro la rivista, il varietà. Ha sempre messo in prima fila il varietà, vale a dire la farsa, la grossolanità, la violenza, il sogghigno e la provocazione. Oggi, molti anni dopo il successo di Totò a teatro, l'interesse per Totò rinasce, soprattutto nei giovani. I giovani hanno riscoperto tutto quello che forse non si è capito di lui da vivo, cioè la portata ideologica, politica, la forza persuasiva dei momenti che rappresentano il contatto con la realtà, con il potere. Bisogna partire dal sistema da lui usato per costruire le sue rappresentazioni. Ho detto che la storia lo interessava meno della situazione. Prendiamo per esempio La camera fittata a tre, farsa famosa che è stata ripresa con un altro registro e con un altro titolo nel Vagone letto. La situazione di base è sapere chi riuscirà ad appropriarsi del letto o della cuccetta.
Ci si dimentica di questo dato, ne viene in primo piano un altro: il conflitto tra il pover'uomo, che arriva con una valigia legata con una corda senza posto per dormire (Totò), e il deputato, col quale si scontra, che è l'uomo di potere, è il potere stesso, il potere in assoluto. Poco a poco Totò lo distrugge. Con quali mezzi? Con piccoli gesti, prese in giro, ironie, lo tocca, gli starnuta in faccia, deforma i nomi; è un logoramento continuo. Pezzo per pezzo lo distrugge, per buttarlo fuori alla fine con le sue: valigie, dalla finestra del treno. Ha vinto. L'essenziale non è più l'impossessarsi di un letto, ma distruggere il potere. Siamo passati su un altro registro attraverso una serie di piccoli fatti che diventano mostruosi, smisuratamente ingranditi fino al paradosso.
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